
“La prima volta che un Pride arriva in un territorio ci sono vetrine chiuse, manifesti contro, silenzi. Ma la seconda volta cambia tutto. Le persone si avvicinano, nasce una comunità”, racconta Rachele Giuliano (Arcigay Roma)
Due città, due date, una stessa urgenza: reclamare spazio, diritti e visibilità. Il Lazio Pride 2025 si sdoppia e annuncia un doppio appuntamento: sabato 12 luglio a Ostia, sabato 13 settembre a Rieti. Un Pride diffuso che attraversa territori spesso dimenticati, dove l’assenza di spazi sicuri e il peso dell’isolamento rendono ogni gesto ancora più politico. Ilfattoquotidiano.it ha pubblicato una mappa di tutti i pride che quest’anno sono stati organizzati nelle province d’Italia (la mappa).
“Il Lazio Pride nasce come Pride di provincia” ricorda Giuliano. “Un Pride che attraversa spazi lasciati fuori dalle grandi città, perché la visibilità è ancora più necessaria dove è più difficile essere visibili”.
Il ritorno a Ostia arriva dopo sette anni: “Nel 2018 eravamo già stati qui. Dopo un ciclo di tappe in provincia, quest’anno torniamo nella Capitale, ma scegliendo Ostia, che è periferia romana. È un luogo carico di significato, e non solo per Pasolini. Ostia è anche un territorio dimenticato, stigmatizzato, spesso ridotto a criminalità e degrado. Ma noi vogliamo dimostrare che è molto di più”.
La manifestazione è stata anticipata da una Pride Week di cinque giorni, con eventi serali su temi cruciali. “Abbiamo parlato di consenso, aborto, carcere, Palestina, Iran, sex work, colonialismo, educazione, riduzione del danno. Abbiamo invitato attiviste e attivisti da tutta Italia e non solo”, racconta Giuliano. “Il Pride non può limitarsi a un corteo: dev’essere un processo, un modo per creare reti, formare e politicizzare”.
Quanto all’accoglienza, la sfida è evidente: “La prima volta che un Pride arriva in un territorio ci sono vetrine chiuse, manifesti contro, silenzi. Ma la seconda volta cambia tutto. Le persone si avvicinano, nasce una comunità”.
E sul confronto – spesso teso – con il Roma Pride: “Non facciamo il Lazio Pride in contrapposizione a nessuno, visto che partecipiamo alla parata del Roma Pride” precisa Giuliano. “Però siamo coerenti con quello che diciamo. Il giorno prima del corteo organizzeremo un evento pubblico sulla Palestina e l’Iran, con ospiti direttamente coinvolti. Agiamo sulle nostre posizioni, non ci limitiamo a dichiararle».
Rieti Pride, 13 settembre: rompere l’invisibilità – A due mesi di distanza, il Lazio Pride farà tappa a Rieti. Una città dove l’ostilità è ancora tangibile, ma dove Arcigay sta costruendo da anni una presenza resistente.
“Il nostro motto sarà Sfacciatamente queer” racconta Giorgia Buldini, presidente di Arcigay Rieti. “Ci dicono: ‘Fate quello che volete, ma non ostentate’. Ecco, noi invece ostentiamo. Perché è l’unico modo per combattere l’invisibilità”.
Arcigay Rieti è nata nel 2020. “All’inizio eravamo pochissimi, e la gente aveva paura anche solo a entrare in sede” spiega. “In città c’era il timore di essere riconosciuti, di essere etichettati. Anche i nostri eventi passavano inosservati. Ma le cose stanno cambiando: i più giovani si stanno avvicinando e finalmente abbiamo una piccola comunità che cresce”.
Per Buldini, la presenza di un Pride in provincia è fondamentale: “La comunità esiste, anche se non la si vede. Anche se non ha punti d’incontro. Il Pride è un segnale: ci siamo, siamo qui. Non è una questione di rispetto o tolleranza, ma di esistenza. Non si può essere d’accordo o meno con l’esistenza di qualcuno”.
Anche qui ci sarà una settimana di eventi, tra cui una mostra, performance artistiche, laboratori e incontri pubblici. “Vogliamo creare momenti per tutte e tutti. E soprattutto, costruire una rete tra le tante realtà che operano sul territorio. Spesso siamo isolati, ciascuno per conto proprio. Il Pride deve servire anche a questo: a fare rete”.
E in un contesto regionale sempre più ostile, l’urgenza è chiara. “Siamo al terzo anno in cui la Regione Lazio, guidata da Francesco Rocca, nega i patrocini ai Pride delle regione. E non parliamo solo di simboli: parliamo di riconoscimento e di presenza istituzionale. È un’invisibilizzazione deliberata, che si accompagna a un clima politico sempre più violento” sottolinea Buldini.
“Per questo il Pride oggi deve essere anche intersezionale. La nostra lotta è la lotta di tutte e tutti. Oggi contestano me, domani te. La risposta deve essere collettiva, unita, capace di tenere insieme diritti, autodeterminazione, giustizia sociale. E se questa rete possiamo cominciare a costruirla da Rieti, allora ne vale davvero la pena” conclude Buldini.