Ambiente

Rinnovabili, sulla legge Todde il Tar Sardegna passa la parola alla Corte Costituzionale

I giudici amministrativi sollevano la questione di legittimità costituzionale e rinviano gli atti alla Consulta. Si attende, intanto, il 'nuovo' decreto sulle aree idonee dl ministro dell'Ambiente

In Sardegna è ancora guerra sulle rinnovabili. E c’è una certezza: la legge regionale della presidente Alessandra Todde, nel frattempo alle prese con il nodo della decadenza, finisce davanti alla Corte Costituzionale. Il Tribunale amministrativo regionale, con tre diverse ordinanze, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale su alcuni articoli della legge sulle aree idonee 20/2024, tra l’altro già impugnata dal Governo Meloni. Tra le altre cose, la norma “viola il principio di proporzionalità e appare in contrasto con i principi fondamentali stabiliti dalla normativa statale”. Classificando circa il 99% del territorio sardo come non idoneo, infatti, la legge ha limitato molto la possibilità di sviluppare nuovi impianti. E mentre il Tar della Sardegna sospende il giudizio, trasmettendo gli atti alla Corte costituzionale, i consiglieri regionali Alessandro Sorgia (Lega), Stefano Schirru (Alleanza Sardegna), Alice Aroni (Udc), Ivan Piras (Forza Italia) chiedono il rilancio dello Statuto di Autonomia della Sardegna, per contrastare le speculazioni nel settore delle rinnovabili. E, in un incontro con la stampa, illustrano un’interrogazione rivolta alla Presidente della Regione, chiedendo l’esame in Consiglio della proposta di legge di iniziativa popolare Pratobello 2024. Si tratta di una proposta sostenuta da circa 220mila cittadini, che mira a regolamentare l’installazione di impianti da energia rinnovabile nell’Isola. Per tutta l’estate del 2024 si erano raccolte firme, ma poi la guerra alle rinnovabili è andata avanti con altri strumenti. La destra ora vuole rilanciarla, dato che moratoria e legge regionale sulle aree idonee “sono ormai prossime alla certificazione del fallimento” sostiene il consigliere leghista Sorgia.

Dalla moratoria alla legge sarda che vincola quasi tutto il territorio – Un passo indietro a un anno fa: il 21 giugno 2024 era stato emanato il decreto sulle aree idonee del ministro dell’Ambiente, Pichetto Fratin. Provvedimento con il quale il ministero dell’Ambiente affidava alle Regioni l’annoso compito di individuare le aree in questione, prevedendo la quota per ognuna: la Sardegna deve installare 6,2 gigawatt di nuova potenza rinnovabile entro il 2030. Nel frattempo, la Regione si era già mossa con la legge regionale 5/2024 bloccando per 18 mesi la realizzazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili. La cosiddetta ‘moratoria’ dichiarata incostituzionale dalla Corte Costituzionale a marzo 2025 ma, in teoria, superata da una nuova legge che, a dicembre 2024 recepiva il decreto di Pichetto Fratin sulle rinnovabili. Una legge che, come subito sostenuto dall’assessore regionale all’Industria, Emanuele Cani, avrebbe potuto vincolare “circa il 99% del territorio sardo”. A gennaio 2025, il Governo Meloni ha deciso di impugnare la legge regionale 20 e portarla davanti alla Corte costituzionale perché ritenuta lesiva di tre articoli della Carta.

Le tre sentenze del Tar, che rinvia la legge regionale alla Consulta – A confermare la necessità che sia la Consulta a sciogliere il nodo sono tre recenti ordinanze pubblicate nei giorni scorsi dal Tar della Sardegna. Le 598, 599 e 600, con cui il Tribunale sospende il giudizio sui ricorsi presentati dalla società EF Agri Società Agricola. I giudici amministrativi sottolineano che potrebbe essere illegittimo il potere delle Regioni di normare le aree non idonee con lo strumento legislativo anziché con atto di pianificazione regolamentare, come invece previsto dal decreto ministeriale del 10 settembre 2010. Il divieto assoluto di realizzazione di impianti, senza istruttoria specifica e senza valutazione caso per caso, si legge in sintesi “viola il principio di proporzionalità e appare in contrasto con i principi fondamentali stabiliti dalla normativa statale e con gli obblighi derivanti dal quadro normativo europeo che mira a promuovere una rapida e diffusa transizione verso fonti energetiche sostenibili”. La società Ef Agri aveva presentato istanza di Valutazione di impatto ambientale per un progetto di impianto agrivoltaico nei comuni di Solarussa e Zarfaliu (Oristano) che la Regione aveva prima sospeso, a settembre 2024 con la legge 5, la cosiddetta moratoria. Già allora erano partiti i primi ricorsi. Poi è subentrata la legge regionale 20 di dicembre 2024 e, con essa, l’ulteriore richiesta al Tar – da parte della società – di annullamento della norma. La decisione è arrivata nei giorni scorsi con un rinvio alla Consulta. Sul tema è intervenuto il Wwf, che invita la Regione a superare “rigidità eccessive che rischiano di compromettere gli obiettivi della transizione energetica”. “Secondo il Tar, la legge regionale non si è limitata a individuare le aree idonee – scrive il Wwf – ma ha imposto un divieto assoluto e generalizzato nella maggior parte del territorio sardo, qualificato come area ‘non idonea’, impedendo la valutazione concreta degli interessi pubblici coinvolti”. E sottolinea come, a più di un anno dall’adozione del decreto ministeriale “sono i tribunali amministrativi a dover riportare ordine. Un modello inefficiente, che ostacola il raggiungimento degli obiettivi al 2030 e incentivi investimenti strategici”.

Si attende a giorni anche il nuovo decreto di Pichetto Fratin – La vicenda sarda, infatti, si intreccia con quella del decreto nazionale. Perché con una sentenza di maggio 2025, il Tar del Lazio ha dato al ministero dell’Ambiente due mesi di tempo per elaborare un nuovo decreto nazionale Aree idonee e “rieditare i criteri” per l’individuazione di quelle dove poter installare impianti rinnovabili. Nel dispositivo, il Tribunale amministrativo regionale ha accolto diversi dei motivi (rigettandone altri) del ricorso presentato dall’Associazione nazionale energia del vento (Anev), che raggruppa oltre duemila tra produttori ed operatori dell’energia elettrica ricavata da fonti eoliche. Secondo i giudici, il decreto emanato il 21 giugno 2021 è legittimo, ma occorrerà rieditare alcuni dei criteri previsti. “Alla vigilia della riscrittura del decreto – scrive il Wwf – serve con urgenza una collaborazione tra istituzioni regionali e nazionali per definire un quadro normativo chiaro, coerente e rispettoso degli obiettivi climatici”.