
Il prossimo decennio vedrà una impennata della spesa legata all’invecchiamento, in particolare per pensioni e sanità. Urgente attrarre migranti qualificati e trattenere i giovani italiani, spesso costretti a emigrare per trovare opportunità dignitose
Che l’Italia sia minacciata da una bomba demografica non è una novità. L’ultimo a fare il punto sui rischi è l’Ufficio parlamentare di bilancio. La presidente Lilia Cavallari, in audizione alla Commissione d’inchiesta sulla transizione demografica, ha detto che se l’Italia continuerà a mantenere gli attuali tassi di occupazione nei prossimi cinque anni perderemo circa 700mila lavoratori. Tra dieci anni l’emorragia sarà di 1,8 milioni. Con inevitabili effetti sulla produttività: una forza lavoro sempre più anziana difficilmente riuscirà a garantire la spinta necessaria. Il risultato? Una crescita potenziale “modesta”, frenata da una demografia sfavorevole e da una produttività stagnante.
Il calo della popolazione, in corso dal 2014, continuerà nei prossimi decenni e andrà di pari passo con l’invecchiamento: i giovani si fermeranno al 24% del totale, mentre la fetta più numerosa della forza lavoro – oggi composta dai baby boomer tra i 50 e i 64 anni – andrà in pensione.
I conti pubblici in questo quadro reggono, ma il prossimo decennio vedrà una impennata della spesa legata all’invecchiamento, in particolare per pensioni e sanità. Il punto massimo arriverà nel 2036, con un’incidenza sul Pil del 28,3%, livello che resterà stabile fino al 2040. Poi, grazie alla piena entrata a regime del sistema contributivo e alla riduzione della popolazione, la curva dovrebbe iniziare a scendere. Ma la vera partita si gioca sul debito: senza interventi adeguati, la dinamica demografica potrebbe ostacolarne la discesa. Per evitarlo, l’Upb avverte che ogni nuova misura in ambito previdenziale, sanitario o assistenziale dovrà essere coperta senza ricorrere al disavanzo.
Il nodo resta il lavoro. Cavallari sottolinea l’urgenza di politiche attive mirate ad aumentare l’occupazione femminile e giovanile e a contrastare l’inattività, ancora troppo diffusa. Ma non basta: serve anche attrarre migranti qualificati e trattenere i giovani italiani, spesso costretti a emigrare per trovare opportunità dignitose. Il saldo migratorio, scrive l’Upb, “può dare un supporto significativo al contenimento del declino demografico e ad aumentare la popolazione attiva”.
Sul fronte pensioni, l’avvertimento è chiaro: guai a toccare l’adeguamento automatico all’aspettativa di vita come invece vorrebbe fare il governo. Quel meccanismo, frutto di riforme dolorose ma necessarie, è essenziale per tenere sotto controllo la spesa e impedire che le prestazioni si riducano troppo, finendo per gravare sul welfare assistenziale. Tra il 2022 e il 2070, calcola l’Upb, la spesa pensionistica lorda sul Pil potrebbe scendere di quasi due punti, proprio grazie a questi correttivi. Ma c’è una condizione: il mercato del lavoro dovrà garantire carriere lunghe, stabili e ben pagate. Altrimenti, l’equilibrio reggerà solo sulla carta.
Anche il sistema sanitario e quello dell’assistenza dovranno fare la loro parte. Ma rafforzarli come sarebbe necessario, visto l’invecchiamento della popolazione, comporta nuovi costi. E, con le nuove regole di bilancio europee, ogni euro in più dovrà essere compensato altrove, tagliando altre spese o aumentando la pressione fiscale.