
Luciana Romoli divenne staffetta a 13 anni, Sandra Gilardelli dice che "fare quella scelta fu normale", Gastone Malaguti è stato protagonista della battaglia di Porta Lame a Bologna: "Ancora oggi ci sono le tracce delle bombe incendiarie che tirai io"
Anche Re Carlo III nella sua recente visita in Italia li ha voluti onorare citandoli nel suo discorso alla Camera e incontrandoli nella sua tappa a Ravenna: sono i partigiani, quegli uomini e quelle donne che hanno fatto la Storia del nostro Paese con la Resistenza. Quelli che sono ancora vivi e in grado di portare la loro testimonianza sono pochi ma nessuno di loro ha mai pensato che non valesse la pena fare la scelta di schierarsi contro il nazifascismo.
Tutti hanno un comune denominatore: la famiglia. Per Luciana Romoli, classe 1930, ribellarsi alla maestra fascista e poi entrare a far parte delle staffette è stato il frutto di un’educazione anti-fascista respirata in casa così è stato anche per Gastone Malaguti: “Impossibile stare dall’altra parte con un nonno anarchico e un padre che ha sempre lottato contro Mussolini”. Stesse ragioni per la centenaria Sandra Gilardelli alla quale è stato dedicato il recente docufilm La partigiana e la rosa rossa.
Ilfattoquotidiano.it anche quest’anno ha scelto di raccontare le storie dei partigiani attraverso la loro voce per capire, 80 anni dopo la Liberazione, cosa li spinse a fare quella scelta, quali erano i loro sogni ma soprattutto se pensano ancora che ne sia valsa la pena.
Luciana Romoli, nome di battaglia Luce
Qui la testimonianza di Luciana Romoli sul portale Noipartigiani.it
Sandra Gilardelli
Solo un rammarico guardando a quanto accade oggi: “Avrei voluto che ci fosse un governo diverso. Non mi vengano a dire che non c’è una certa aria fascista”. A cent’anni si permette anche una sorta di autocritica: “Forse noi partigiani dopo la fine della guerra abbiamo fatto l’errore di non andare subito nelle scuole. Io, ad esempio, ho iniziato verso il 1972 quando la figlia di amici che abitava a San Gimignano ne parlò alla maestra che invitò me e mio marito a fare una testimonianza in classe. Da allora non abbiamo più smesso. Lo faccio ancora oggi…”
Qui la testimonianza di Sandra Gilardelli sul portale Noipartigiani.it
Gastone Malaguti, nome di battaglia Efestione
Gastone Malaguti è già noto ai lettori de IlFattoQuotidiano.it perché aveva raccontato la sua storia a questo giornale già lo scorso anno. Compirà 99 anni il 26 luglio, è felice di essere arrivato alla soglia dei cento alla faccia di chi lo voleva morto. Da buon bolognese scherza, ha la battuta pronta e invita il cronista a prendere un caffè: “Io son qui. Vi aspetto”. Ha sempre sognato in grande: “Ho visitato come sindacalista della Cgil quaranta Stati. Ho realizzato anche più di quello che volevo”.
Decise di diventare partigiano a 17 anni, meno di un mese dopo l’8 settembre. Tra i suoi nomi di battaglia c’è quello di Efestione: “Me l’ha dato il mio comandante Aldo ‘Jacopo’ Cucchi – ha raccontato una volta al Manifesto – perché scherzando lo chiamavo Alessandro Magno ed io ero il suo braccio organizzativo”. Dopo tanti anni resta una certezza: “Non avrei mai e poi mai potuto diventare fascista. Mia mamma era contro il Duce, mio padre venne massacrato di botte da loro. Io sono stato un Balilla solo per andare a scuola, ero costretto”. E’ stato uno dei protagonisti della battaglia di Porta Lame. “Era il settembre del 1944 e le truppe alleate ci fecero sapere che ormai si trovavano a soli quindici chilometri dalla città. Prendere Bologna era molto importante per questo tutte le truppe dei Gap dovevano farsi trovare lì. Noi avevamo avuto informazione che l’ospedale maggiore era stato raso al suolo ma i sotterranei erano ancora perfettamente agibili. Ci sistemammo lì in 230. Restammo in quel luogo asserragliati per settimane in attesa degli alleati che non arrivarono. Altri settanta occuparono una palazzina poco distante da noi. Un nostro compagno venne scoperto e i tedeschi attaccarono la palazzina ma quando entrarono non trovarono più nessuno perché i nostri compagni erano riusciti a fuggire. A quel punto uscimmo in maniera rapida e circondammo noi il palazzo preso dai fascisti. A Porta Lame, le Brigate nere e i tedeschi subirono le perdite maggiori. Ancora oggi ci sono le tracce delle bombe incendiarie che tirai io”.
Qui la testimonianza di Gastone Malaguti sul portale Noipartigiani.it