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L’Occidente parla di libertà mentre prepara la guerra: ora è il turno dell’Iran

C’è oggi una minaccia reale, imminente, e ancora una volta le donne iraniane sono state strumentalizzate per giustificare una guerra che le annienterebbe

Negli ultimi due anni, l’Occidente ha cercato di mostrare solidarietà alle donne iraniane che guidano le proteste “Donna, Vita, Libertà”. Dalle campagne social ai gesti simbolici — come il taglio di una ciocca di capelli in Parlamento — l’attenzione pubblica è stata forte, spesso spettacolare. Tuttavia, con l’avvicinarsi concreto della minaccia di un attacco militare contro le strutture nucleari iraniane, quella solidarietà si scioglie come neve al sole. È da una settimana che Donald Trump minaccia di bombardare l’Iran se non si dovessero raggiungere accordi sul nucleare. Quando gli è stato chiesto se l’esercito degli Stati Uniti potesse colpire le strutture nucleari iraniane, ha risposto: “L’Iran non può avere armi nucleari e se i negoziati non dovessero andare a buon fine, credo che sarebbe un giorno molto difficile per l’Iran“.

C’è oggi una minaccia reale, imminente, e ancora una volta le donne iraniane — che da anni resistono a un regime violento e oppressivo — sono state strumentalizzate per giustificare una guerra che le annienterebbe. La solidarietà occidentale non è servita a sostenere una trasformazione reale, ma a costruire una narrazione conveniente, utile a giustificare l’intervento militare. Le stesse potenze che dicevano di sostenere la lotta delle donne iraniane sono ora complici nella preparazione di una guerra che rischia di distruggere l’Iran e il suo popolo. E chi prima si era esposto con forza e visibilità, oggi tace.

La solidarietà performativa — quella delle ciocche tagliate in aula, dei monologhi televisivi emozionati, delle frasi da post virale — era forte solo quando non comportava alcun costo. Ma ora, quando servirebbe una posizione politica chiara contro un’aggressione imminente, quelle stesse voci sono improvvisamente scomparse. Dove sono oggi Laura Boldrini, Pina Picierno, Giovanna Botteri, Massimo Gramellini, Carlo Calenda? Dove sono i media, i politici, gli opinionisti che dicevano di stare dalla parte delle donne iraniane? Il loro silenzio, oggi, pesa più di mille parole. E quando si esprimeranno — se lo faranno — sarà troppo tardi.

Tutto questo l’abbiamo già visto. È la stessa retorica usata nel 2001 per invadere l’Afghanistan: i diritti delle donne come pretesto per la guerra imperialista. Dopo vent’anni di “Guerra al Terrore”, milioni di morti e interi paesi lasciati nel caos, sembriamo non aver imparato nulla. La stessa narrazione è tornata, aggiornata, nei toni e nei target, ma con lo stesso obiettivo: facilitare l’accettazione di una guerra da parte dell’opinione pubblica. E se oggi Donald Trump dichiara di preferire la via diplomatica con l’Iran, possiamo anche ascoltarlo — ma la realtà è quella che abbiamo visto nell’ultimo anno e mezzo. Gli Stati Uniti non hanno alcun reale potere su Israele. Nonostante le “linee rosse” sbandierate da Biden, Israele ha proseguito indisturbato: l’assassinio di Ismail Haniyeh a Teheran, l’invasione di Rafah. Possono tracciare tutte le linee rosse che vogliono: Israele non prende ordini, nemmeno da chi lo finanzia.

La differenza tra le proteste in Iran e la solidarietà dell’Occidente è cruciale. Le donne iraniane sfidano direttamente un potere che può arrestarle, torturarle, ucciderle. Il loro coraggio non è simbolico: è concreto, quotidiano, reale. Loro sfidano il sistema che le opprime, lo guardano in faccia, lo contestano, lo mettono in discussione. Noi no. In Occidente, la solidarietà non ha sfidato alcun potere reale, non ha mai messo in discussione la propaganda né i propri governi.

Oggi, i governi occidentali che criticano l’Iran per la sua oppressione patriarcale sono gli stessi che preparano il terreno per una guerra devastante. Il linguaggio dei diritti umani — e in particolare dei diritti delle donne — viene ancora una volta utilizzato come strumento retorico per giustificare l’intervento militare, mentre le vere vittime, le donne iraniane, si ritrovano sole a fronteggiare sia il regime che la minaccia di una guerra.

La loro lotta non è un tema da strumentalizzare, non è un simbolo da brandire. È una battaglia per la sopravvivenza, per la libertà reale, per l’autodeterminazione. E mentre ci avviciniamo a una nuova escalation militare, il silenzio dell’Occidente rivela più di qualunque dichiarazione: mostra i veri obiettivi di chi parla di diritti solo quando conviene. L’Occidente, ancora una volta, parla di libertà mentre prepara la guerra. E ogni volta, a pagare, sono sempre gli stessi.