Mondo

Migranti, la Germania come Trump: stop al reinsediamento di rifugiati. Alla faccia del nuovo regolamento Ue

La scelta preoccupa l'Unhcr, già alle prese con la diserzione Usa. Secondo l'Agenzia Onu nel 2025 almeno 2,9 milioni di rifugiati avrebbero bisogno urgente di essere reinsediati.

La Germania ha deciso di vietare temporaneamente il reinsediamento dei rifugiati particolarmente bisognosi di protezione. La scelta fa parte dei negoziati di coalizione in corso tra Partito socialdemocratico (Spd), Unione cristiano democratica (Cdu) e Unione cristiano sociale (Csu). “Per il momento non verranno presi impegni per nuove ammissioni tramite il programma di reinsediamento con l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr)”, ha detto un portavoce del ministero dell’Interno. In una lettera dell’Ufficio federale per la migrazione e i rifugiati all’Unhcr di metà marzo si afferma che fino a quando il governo federale non avrà preso una decisione, non potranno essere accettate nuove richieste. Le eccezioni si applicano quindi solo alle procedure che sono già in fase avanzata. L’obiettivo era già inserito nel documento esplorativo seguito al primo round di negoziati, nel quale la coalizione ha concordato di porre un freno ai programmi di reinsediamento volontario e di non avviarne altri.

Il programma dell’Unhcr viene così sacrificato al difficile rinnovo del Bundestag, dopo che il tema migranti è stato nuovamente al centro della campagna elettorale, anticipata anche da alcuni attentati compiuti da immigrati e con l’estrema destra dell’AfD che proprio ieri e per la prima volta ha raggiunto Cdu-Csu nei sondaggi, col 24%. Un risultato “estremamente preoccupante” secondo la leader del Partito socialdemocratico, Saskia Esken. Compresa l’emergenza ucraina, La Germania ospita circa 2,6 milioni di rifugiati ed è tra i primi Paesi al mondo per numero di persone reinsediate ogni anno (soprattutto siriane), secondo solo a Stati Uniti, Canada e Australia, rispettivamente con 75mila, 51mila e 15mila ammissioni nel 2023, quando la Germania ne ha operate 4.500 con il solo programma dell’Unhcr. Una scelta che preoccupa l’Agenzia delle Nazioni Unite, già alle prese con la diserzione della nuova presidenza statunitense di Donald Trump, che appena insediata ha bloccato l’ingresso di 10mila persone, compreso chi aveva già ricevuto un permesso di ingresso e così molti afghani che avevano collaborato con gli USA prima del ritorno del regime talebano. Non a caso la popolazione di rifugiati più numerosa a livello globale è quella afghana, che rappresenta uno su sei di tutti i rifugiati sotto il mandato dell’Unhcr.

Il reinsediamento viene utilizzato per aiutare i rifugiati ospitati da paesi che non possono fornire loro protezione e sostegno adeguati. Secondo l’Unhcr, attualmente nel mondo ci sono 120 milioni di persone costrette alla fuga, di cui oltre 35 milioni sono rifugiati e circa 2,9 milioni di questi necessitano di essere reinsediati nel 2025. Esigenze che mai, nemmeno lontanamente, sono state soddisfatte. L’Agenzia aveva raccomandato ai 27 Stati Ue di “contribuire con il 40% dell’obiettivo annuale globale”. Raccomandazioni che si infrangono sul nuovo corso dei governi occidentali. Il problema rimarrà in carico ai Paesi confinanti con le aree di crisi, dove già vivono il 75% dei rifugiati globali, un terzo dei quali in Paesi a basso e bassissimo reddito. A infrangersi sono anche gli impegni che l’Ue ha inserito nel nuovo regolamento 2024/1350, parte integrante del Patto su migrazione e asilo, la riforma che troverà applicazione l’anno prossimo. Il regolamento istituisce un quadro dell’Unione per il reinsediamento e l’ammissione umanitaria, che mira a offrire ai cittadini di paesi terzi o apolidi più vulnerabili e bisognosi di protezione internazionale “l’accesso a una soluzione duratura in conformità del diritto dell’Unione e nazionale”, finanziata dalla Commissione europea e basandosi principalmente sulle Projected Global Resettlement Needs dell’Unhcr. Secondo la riforma, tutti gli Stati membri dovrebbero “intensificare gli sforzi”, in modo da “contribuire in modo significativo alla risposta alle esigenze globali di reinsediamento”. Tutto rimandato a tempi migliori. Del resto, dice lo stesso regolamento, “non vi è l’obbligo per gli Stati membri di ammettere una persona a norma del presente regolamento”.