Politica

Bocciato l’emendamento Cantù che nega la copertura dell’assistenza ai non autosufficienti più gravi

La Commissione Salute dovrà stralciare dal dl 1241 la norma che modificava una legge del 1983 per separare le spese socio assistenziali da quelle sanitarie

“Si sono appena concluse le votazioni dei pareri sul disegno di legge sulle prestazioni sanitarie in Commissione Bilancio al Senato e registriamo una mezza retromarcia del governo. È stato infatti dato parere negativo all’emendamento della leghista Cantù che avrebbe fatto ricadere i costi socio-assistenziali dei pazienti delle Rsa sulle spalle di famiglie ed enti locali“. Lo ha fatto sapere la senatrice Elisa Pirro, Capogruppo del Movimento 5 Stelle in Commissione Bilancio al Senato, ricordando l’attenzione del M5S per la delicata questione che riguarda le spese di assistenza ai malati non autosufficienti più gravi. Talmente gravi che le prestazioni socio-assistenziali non sono ritenute separabili da quelle sanitarie, tanto da avere quindi diritto per legge a una copertura al 100% delle spese da parte del Ssn. Diritto che l’emendamento Cantù, approvato nelle scorse settimane dalla decima Commissione Affari sociali, sanità, lavoro pubblico e privato, previdenza sociale andava a cancellare, confermando solo la copertura al 50% per i malati meno gravi e prevedendo una categoria intermedia al 70% (oggi inesistente per gli anziani) per i casi di “alta complessità assistenziale”.

A quanto si apprende dalla senatrice Pirro, dal ministero dell’Economia sarebbe però arrivato un parere contrario al testo perché non è conforme al principio del pareggio di bilancio previsto dall’articolo 81 della Costituzione. Quindi la decima Commissione ha stralciato dal dl 1241 la norma che modificava una legge del 1983 per separare appunto le spese socio assistenziali da quelle sanitarie anche quando sono strettamente connesse e inscindibili, come nel caso dei malati non autosufficienti più gravi, in modo che rimanessero a carico del fondo sanitario nazionale solo le spese sanitarie.

Sul punto era stato chiamato in causa il governo, perché valutasse con una relazione tecnica gli eventuali effetti finanziari della norma sugli enti coinvolti. Non solo per il fatto che l’uscita della spesa socio-assistenziale dal fondo sanitario nazionale chiamerebbe in causa gli enti territoriali a fianco delle famiglie, ma anche perché l’emendamento Cantù, nel suo tentativo di separare l’inseparabile, non fornisce alcuna linea guida o elenco di cosa è sanitario e cosa non lo è e senza specificare in quali casi lo è e in quali no. Questa vaghezza renderebbe necessarie continue revisioni dello stato di salute del paziente, del suo piano di cura e, di conseguenza, delle coperture cui avrebbe diritto. Con la conseguenza di una programmazione difficile da fare, con costi fuori controllo. Per le famiglie, ma anche per il pubblico.

Senza contare la retroattività prevista dal testo che sarebbe stata foriera di ricorsi da parte degli interessati, come fa notare la Fondazione promozione sociale, che si occupa di promozione e difesa dei diritti dei non autosufficienti, sottolineando che la norma proposta dall’ex assessore lombardo alla famiglia è potenzialmente portatrice di un “numero ingestibile di ricorsi e di una spesa sanitaria e sociale indeterminata e non programmabile”.