
Ombretta Giacomazzi ai giudici spiega di aver avuto paura del generale Francesco Delfino: "Mi viene una rabbia addosso a quando penso a quanto sono stata stupida a non parlare allora"
“Mi viene una rabbia addosso a quando penso a quanto sono stata stupida a non parlare allora”. Ombretta Giacomazzi è considerata una super testimone nel processo per la strage di Piazza della Loggia in cui è imputato Roberto Zorzi. Giacomazzi è figlia dei titolari della pizzeria in cui, più volte, avrebbe visto Marco Toffaloni (condannato a 30 anni quattro giorni fa, ndr) e Roberto Zorzi agli incontri con i camerati bresciani. “Volevano vendicare Silvio”, Ferrari, neofascista saltato in aria mentre trasportava esplosivo la notte tra il 18 e il 19 maggio 1974, ha raccontato a verbale prima dell’inizio del processo.
Un racconto ripetuto in aula: “Ho collegato dopo anni visi a nomi e a fatti di quei tempi dopo che a lungo avevo rimosso tutto” ha spiegato la donna. “Qualche giorno dopo la morte di Silvio Ferrari un gruppo di cui facevano parte i veronesi Toffaloni e Zorzi con i bresciani si trovò in pizzeria e i componenti dissero che volevano vendicare la morte di Silvio Ferrari. Roberto Zorzi aveva detto ‘quello che non ha fatto lui lo faremo noi’. Quello che ‘non aveva fatto lui’ però era l’attentato al lodale Blue Note che sapevo che avrebbero voluto fare (poi non avvenuto, ndr), ma nessuno ha mai parlato di piazza. Solo dopo la Strage ho ricollegato quelle parole a piazza Loggia, ma non l’ho mai sentito direttamente dal gruppo ed è una mia supposizione” ha dichiarato.
Ai giudici di Brescia la donna dice: “Io avevo iniziato a parlare nei primi interrogatori, ma il generale Delfino (Francesco, ndr) mi aveva attaccato dicendo che ero una bugiarda. In poco tempo mi sono trovata in carcere a Venezia dove sono stata da marzo a settembre 1975. Mi hanno sempre impedito di parlare”. La donna racconta in prima le minacce del controverso generale che nel 2001 fu condannato per truffa aggravata per aver approfittato del rapimento del suo amico Giuseppe Soffiantini, per truffare alla famiglia 800 milioni, in cambio della promessa di far liberare il sequestrato: “Delfino mi disse: ‘se tu non vuoi che io trasformi il reato di reticenza in concorso in strage devi fare ciò che ti dico io. Devi cercare di coinvolgere il figlio del giudice Arcai che si chiama Andrea Arcai. Lo conoscevo di vista Andrea Arcai, ma lui non è mai stato coinvolto in nulla.
“Ho sempre avuto paura del generale Delfino fino a quando lui è stato coinvolto nel sequestro di mio suocero Giuseppe Soffiantini ed è caduto dal piedistallo sul quale è stato per tutta la carriera”. “Non ho comunque parlato della strage fino a pochi anni fa perché comunque Delfino era ancora vivo”, ha aggiunto la donna che è poi stata ascoltata 40 volte dal generale dei Ros Massimo Giraudo: “L’ho visto come un sacerdote. Sapevo che non mi avrebbe mai giudicata”. Alla domanda del presidente della Corte Roberto Spanó, “lei oggi ha paura di qualcuno?” Ombretta Giacomazzi ha risposto: “Anche se non lo vedo dal 1974 Nando Ferrari (condannato per omicidio colposo del giovane neofascista Silvio Ferrari e coinvolto e assolto nella prima storica inchiesta sulla strage, ndr). Non ho paura di essere ammazzata, ma non ho voglia che mi venga sconvolta la vita perché io in 50 anni ho fatto la mia vita”.