
"Se non posso ballare non è la mia rivoluzione" è lo spettacolo che Lella Costa porta in giro dal 2020 e ora diventa un libro per Solferino con introduzione di Serena Dandini. Un viaggio tra le vite (troppo spesso) dimenticate di protagoniste del passato che hanno lasciato un segno
Chi si mette a cercare le donne che hanno fatto la storia, “il problema è che poi le trova”. Sembra una battuta, ma non fa per niente ridere: per scovare i nomi tanto di protagoniste del passato, quanto di esperte da ospitare in tavole rotonde o convegni del presente, basta volerle trovare. Ad accogliere la sfida e rilanciarla ancora oltre è stata l’attrice e scrittrice Lella Costa: dal 2020 ha portato in scena le voci di un centinaio di donne nello spettacolo “Se non posso ballare non è la mia rivoluzione”, che ora diventa un libro per Solferino. Si racconta che la frase sia stata pronunciata da Emma Goldman nella Russia Bolscevica, morta nel 1940 poco dopo una conferenza e senza alcun video a testimoniarne la militanza fino all’ultimo respiro. E proprio quelle parole aprono un elenco di vite che ballano con Costa, sopra e sotto il palco dei teatri di tutta Italia: storie capaci di far cambiare il corso degli eventi collettivi, nomi che hanno lasciato un segno e biografie riscoperte. Gli esempi? Sono tantissimi. Ci sono l’attrice Franca Valeri e la scrittrice Virginia Woolf, ma anche le cantanti liriche Renata Tebaldi e Maria Callas. Poi la prima giornalista investigativa Nellie Bly o la pittrice Artemisia Gentileschi. Ma anche Mary Anderson che ha inventato il tergicristallo e la scrittrice Goliarda Sapienza. E ognuna di loro viene raccontata usando frasi che lei stessa ha pronunciato. “Nella vita non c’è nulla da temere, solo da capire”, dice la scienziata Margherita Hack. Ma anche “com’è bello far l’amore da Trieste in giù”, intona la star Raffaella Carrà.
Dice Serena Dandini: Lella Costa interviene per curare l'”amnesia collettiva” che “ci ha privato di un imprescindibile albero genealogico”. “Questo elenco restituisce alla gloria del mondo figure stupefacenti che non andranno più perse come lacrime nella pioggia”, scrive, “e riveste di nuovi colori quelle già conosciute. Un’impresa di sorellanza titanica che ristabilisce una parità di memoria più che mai necessaria in questi nostri tempi distratti”. Del resto, come dice Costa, questo “è uno spettacolo politico“: “Riguarda la polis, è uno spazio di testimonianza civile, di condivisione, di comunità. Riguarda il senso di molte cose, di molte vite vissute in molte epoche diverse e a volte lontane, ma che in qualche modo parlano anche alla nostra”. Ad esempio, in quanti sanno che la “Carta de logu”, l’insieme di leggi sarde che per la prima volta nella storia stabiliscono l’uguaglianza degli uomini davanti alla legge, è stata promulgata da Eleonora d’Arborea? Saperlo, dirlo e ricordarlo sono atti politici: non rendono solo giustizia alle donne del passato, ma aiutano l’emancipazione e la crescita di quelle del futuro. Per dirlo con le parole della filosofa francese Simone Weil: “Noi non possediamo nulla al mondo, perché il caso ci può togliere tutto, tranne il potere di dire io“. E in quell’io rivendicato, gridato, c’è l’inizio di una nuova storia che finalmente garantisca l’equa rappresentanza delle donne.