Diritti

Nelle fabbriche poche donne e il gender pay gap cresce: lo studio Fiom. “Ora più contrattazione collettiva contro la discriminazione salariale”

L'analisi del sindacato basata su 1.072 aziende nel biennio 2022-23: solo una nuova assunta su 3 è donna, 6.200 di differenza retributiva, tanti part time. Alle dirigenti il 19,1% in meno di stipendio

La fabbrica è un affare per soli uomini, o quasi. E la situazione è peggiorata tra il 2022 e il 2023, biennio nel quale solo una nuova assunzione su 3 è stata di una donna, il gender pay gap è cresciuto e il part time continua a essere un tipo di contratto che, sostanzialmente, riguarda solo un sesso. È desolante la fotografia scattata dallo studio della Fiom-Cgil sui rapporti biennali sulla situazione del personale maschile e femminile nelle aziende metalmeccaniche, con oltre 50 dipendenti, che sono stati introdotti dal Codice delle pari opportunità. L’indagine si basa sui rapporti consegnati da 1.072 aziende che impiegano 446.507 dipendenti diretti e 19.234 somministrati, circa un terzo del totale delle lavoratrici e dei lavoratori del comparto. Il quadro è chiaro fin dal dato base: i dipendenti uomini sono 342.374, le dipendenti solo 91.025.

Il gender pay gap cresce
Poche donne e per giunta pagate meno degli uomini, sempre meno. Tenendo conto delle retribuzioni lorde medie pro capite, il gender pay gap si è ampliato nel biennio di riferimento: era al 13,5% nel 2022 con gli uomini che hanno percepito 40.650 euro di media e le donne al 35.182, l’anno successivo è diventato del 14,1% con uomini saliti a 43.601 euro e le donne a 37.439. A pesare è soprattutto il salario accessorio, cioè quella parte di retribuzione che comprende straordinari, superminimi individuali, premi di produttività e benefit aziendali. Nel solo salario strutturale – quello figlio dei contratti collettivi nazionali – la differenza si riduce al 10,6% mentre nel solo accessorio schizza al 25,3% con gli uomini a quota 10.507 euro di media e le donne ferme a 7.845. Per la Fiom è la dimostrazione che la contrattazione collettiva rappresenta uno strumento da ampliare avendo un effetto nella riduzione delle differenze di retribuzione per genere.

De Palma: “Serve più contrattazione collettiva”
“I metalmeccanici hanno nelle proprie mani il contratto per migliorare la situazione e anche i salari delle donne”, ha sottolineato il segretario generale Michele De Palma nel corso della presentazione dello studio. “Il contratto nazionale dei metalmeccanici è anche stato il primo che ha introdotto tre mesi in più per le donne vittime di violenza – ha ricordato – Una questione che deve riguardare innanzitutto gli uomini, quindi è evidente che discuterne prova a determinare un cambiamento”. Il leader dei metalmeccanici della Cgil ha anche rivolto un appello affinché la direttiva europea sulla trasparenza salariale sia “trasposta rapidamente nel nostro sistema legislativo” anche aprendo “una discussione con le parti sociali” poiché “bisogna denunciare e cambiare quello che non va”.

Il part-time, una questione da donne
E gli argomenti non mancano. Basti pensare che tra le voci che influiscono sul gender pay gap c’è l’uso del part time in maniera quasi esclusiva. Nelle oltre mille aziende prese in esame, ci sono 11.661 donne con questa tipologia contrattuale, pari al 12,2% del totale delle dipendenti. La percentuale tra gli uomini? Ferma appena all’1,1. Tutti fattori che concorrono allo squilibrio, reso evidente anche da un ulteriore dato: nel 2023 alle donne, che erano il 21,4% dei dipendenti, è spettato il 18,9% del totale del monte retributivo annuo lordo. Una situazione che non cambia anche per le poche donne che riescono ad arrivare in ruoli apicali.

Le dirigenti? Poche e pagate molto meno
Nel 2023 le manager erano 2.114, ovvero 135 in più rispetto all’anno precedente. Nello stesso arco temporale, gli uomini con la stessa qualifica sono cresciuti di 181 unità diventando 10.816. A conti fatti su 6 manager solo una è donna. Ed è pagata molto meno di un uomo: il gender pay gap tra le dirigenti nel settore metalmeccanico ammonta al 19,1% con la parte accessoria che schizza al 29,2%. In termini pratici: la retribuzione totale di un dirigente del settore è stata mediamente di 155.322 euro con 50.635 euro di salario accessorio, quella di una donna parigrado di 125.618 euro con 35.853 euro di accessorio. Di fronte a questi numeri, diventa secondario uno dei pochi dati positivi, quello della crescita dell’occupazione femminile che è aumentata nel biennio del 4,94% con 4.504 assunzioni. Peccato che in termini assoluti, i nuovi dipendenti uomini siano stati 8.423. In sostanza, solo una nuova assunzione su tre è di una donna.

X: @andtundo