Diritti

Reddito di libertà: il decreto sull’aumento pubblicato solo alla vigilia dell’8 marzo (tre mesi dopo la firma). “La rata sale di 100 euro? Ancora pochi”

La pubblicazione in Gazzetta solo il 4 marzo, mentre la firma della ministra Roccella era stata annunciata a dicembre scorso con tanto di promessa su stanziamenti imminenti. I centri antiviolenza: "Lasciano le donne in un'eterna incertezza"

Promesso – dopo quasi un anno di ritardo – in occasione della Giornata contro la violenza sulle donne, arrivato alla vigilia dell’8 marzo. È stato pubblicato solo nelle scorse ore in Gazzetta ufficiale, il decreto che ripartisce i fondi del reddito di libertà per le donne in uscita da situazione di violenza e stabilisce un aumento di 100 euro mensili (500 e non più 400) per dodici rate totali. In totale vengono ripartiti 30 milioni di euro per il triennio che va dal 2024 al 2026: la misura, istituita dal governo Conte 2 e resa strutturale dall’esecutivo Meloni, è arrivata però con più di un anno di ritardo. E mentre i ministeri si rimpallavano le responsabilità, centinaia di donne sono rimaste senza aiuti.

Il decreto della ministra per la Famiglia Eugenia Roccella, di concerto con i ministri di Lavoro ed Economia, è stato infatti firmato il 2 dicembre scorso. Annunciato come l’atto che sanciva di fatto lo sblocco dei fondi dopo dieci mesi di ritardo, in realtà era solo l’ennesima tappa di un lungo processo che si è concluso solo il 4 marzo scorso: ci sono infatti voluti altri tre mesi per avere la pubblicazione in Gazzetta ufficiale e iniziare la raccolta delle domande. Il tutto per finanziamenti che, già in partenza, sono considerati non sufficienti a fronte delle richieste. “Nonostante l’aumento di 100 euro al mese”, denuncia Antonella Veltri, presidente della rete dei centri antiviolenza, “sono ancora troppo pochi i fondi messi a disposizione di questo strumento che dovrebbe agevolare l’autonomia economica delle donne che affrontano percorsi di uscita dalla violenza”. 10 milioni all’anno per triennio, secondo le operatrici impegnate in prima linea, “non bastano”: “I conti sono presto fatti: in media, poco più di 1600 donne all’anno possono accedere al contributo. Le sole associazioni della Rete D.i.Re, nei primi 10 mesi del 2024 hanno accolto 21.842 donne. Certo, non tutte avranno necessità di accedere al contributo, ma i numeri sono evidentemente ancora molto squilibrati”. E non solo: come già ribadito a fine anno scorso, la mancata erogazione ha creato grossi disagi. “Il ritardo della misura lascia le donne in un’eterna incertezza, rendendo poco credibili responsabilità istituzionali imprescindibili”, ha chiuso Veltri. “Ancora una volta, lo Stato non è in grado di sostenere le donne che affrontano i loro faticosi percorsi di uscita dalla violenza”.

Proprio le lentezze ministeriali hanno creato un ingorgo. Tanto che il decreto appena pubblicato prevede “un regime transitorio”: “Le domande presentate all’Inps non accolte per incapienza dei fondi”, si legge, “hanno infatti la priorità rispetto alle nuove domande”. Ma a condizione che vengano “ripresentate dalle donne interessate, per il tramite dei Comuni, dal 5 marzo al 18 aprile 2025, previa verifica da parte degli stessi Comuni, della sussistenza attuale dei requisiti per l’accesso alla misura”. Tutto da rifare insomma, per chi ha chiesto aiuto l’anno scorso. Nella speranza che per loro e i loro bambini non sia troppo tardi. E mentre Fdi rivendica “l’impegno del governo a fianco delle donne”, il M5s accusa “un ritardo marcio”: “Sospette anche le tempistiche della sua pubblicazione in Gazzetta”, ha detto la deputata Daniela Morfino,”non sarà mica che, con la festa dell’8 marzo in arrivo, vogliono sembrare di stare sul pezzo quando sono solo in ritardo?”.