Calcio

“Il 5 maggio? Che tristezza”. Kallon rivive il crollo dell’Inter e svela: “È una delle miei tre grandi delusioni”. Ora allenerà la Sierra Leone

Mohamed Kallon racconta la sua nuova avventura da commissario tecnico, ripartendo dal suo passato nerazzurro

Mohamed Kallon non ha dimenticato il 5 maggio 2002. “Che tristezza… Faccio fatica a parlarne”, confessa oggi, a 45 anni, mentre la sua traiettoria e quella dell’Inter sono ormai distanti. I nerazzurri si preparano a vivere una lotta a tre per lo scudetto, proprio come fu 23 anni fa, sperando ovviamente in un finale diverso. Kallon invece, come racconta in un’intervista a La Gazzetta dello Sport, si appresta a diventare il commissario tecnico della sua Sierra Leone. Dopo trent’anni passati tra Europa e Stati Uniti, ha accettato la chiamata del suo Paese: “Era arrivato il momento di restituire qualcosa”.

Kallon è stato uno dei protagonisti del 5 maggio. Quel giorno, l’Inter perse lo scudetto all’ultima giornata contro la Lazio, in un pomeriggio passato alla storia per il crollo della squadra di Hector Cuper: “Io entrai al posto di Ronaldo pochi minuti dopo il gol del 4-2 di Simone Inzaghi. Eravamo distrutti“. Ma quella non fu l’unica grande delusione della sua carriera. Kallon racconta come siano arrivate tutte tra il 2022 e il 2023: “Ne ho avute tre: il 5 maggio, la semifinale di Champions League 2003 contro il Milan e la sconfitta con la mia Sierra Leone nel 2003, che ci costò la qualificazione alla Coppa d’Africa”.

Ora Kallon ha una missione: riportare la sua nazionale al vertice. “Sono andato via dalla Sierra Leone nel 1994, quando avevo 15 anni. Ora sono tornato per restare”. Non è una scelta di comodo, ma un atto di responsabilità: “Nel 2002 ho comprato un club, il Sierra Fisheries, e gli ho dato il mio nome. Ho sempre seguito il calcio locale, adesso sono proprietario e allenatore. E ora guido anche la nazionale”. Il percorso non sarà semplice, ma l’obiettivo è chiaro: “Siamo fuori dalla Coppa d’Africa 2025, ma vogliamo qualificarci per il Mondiale 2026. Sarà dura, ma abbiamo giocatori che militano all’estero e una buona base su cui lavorare”. Il sogno a lungo termine, però, è un altro: “Portare la Sierra Leone alla Coppa d’Africa 2027. Ce la possiamo fare”.

Il suo ritorno segue un trend sempre più diffuso: “Molti africani che hanno giocato in Europa stanno tornando per allenare”. Ci sono gli esempi di Song e Eto’o in Camerun, Aliou Cissé in Senegal, Otto Addo in Ghana: “È importante portare in Africa il know-how acquisito all’estero”. Dall’Italia, invece, Kallon porta con sé un’eredità speciale: “È la mia seconda patria. Ho fatto tutti i corsi da allenatore a Coverciano e devo tutto a Renzo Ulivieri. Se oggi sono un tecnico, è grazie al tempo passato in Italia”. E ora vuole mettere a frutto tutto quello che ha imparato, con la speranza di scrivere un capitolo diverso da quel 5 maggio che ancora brucia.