
L'indagata avrà 21 giorni per rendere interrogatorio o perché la sua difesa depositi una memoria
Quando fu arrestata e posta ai domiciliari la procura di Parma spiegò che l’ipotesi accusatoria, con cui avevano sostenuto la richiesta di carcere, è che Chiara Petrolini avesse un “disegno”: ovvero avere pensato di sopprimere il neonato che aveva in grembo. Alla 21enne, studentessa, veniva contestato solo il primo infanticidio: quello del piccolo nato il 7 agosto e a cui il taglio del cordone ombelicale provocò l’emorragia fatale. Ora con la chiusura delle indagini gli omicidi contestati sono due come e le soppressioni dei loro cadaveri, sepolti nel guardino della villetta di Traversetolo (Parma), dove è tornata a vivere.
L’indagata avrà 21 giorni per rendere interrogatorio o perché la sua difesa depositi una memoria. Poi i pm potranno chiedere il processo. L’avviso di fine indagine è stato notificato al difensore, avvocato Nicola Tria. La ragazza è ai domiciliari dal 20 settembre e ieri la Cassazione ha annullato con rinvio a un nuovo Riesame la decisione sulla custodia in carcere. Chiara era stata indagata dopo il primo ritrovamento dei resti del neonati sepolto nel giardino. I carabinieri, che hanno condotto le indagini, trovarono sui suoi dispositivi le tracce di un’altra gravidanza: la prima quella del 2023.
In entrambi i casi né il fidanzato, né gli amici, né la famiglia ha sospettato di nulla. Nel processo che verrà discusso dopo l’eventuale rinvio a giudizio verranno valutate anche le condizioni psichiche della ragazza che però è apparsa lucida durante gli interrogatori. “Ho provato a scuoterlo, non respirava e l’ho messo nel giardino” aveva raccontato ricordando la prima gravidanza. L’autopsia però non ha escluso che il piccolo fosse vivo al momento del parto come il secondo.