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Il piano di Trump per Gaza è un’offesa al diritto internazionale e alla sovranità dei palestinesi

Il piano del presidente americano Donald Trump per Gaza, presentato come un’opportunità di “ricostruzione” della Striscia, è un’offesa alla sovranità del popolo palestinese e al diritto internazionale. La proposta, che prevede il controllo a lungo termine degli Stati Uniti sulla Striscia, è intrinsecamente illegale, ignorando completamente i diritti fondamentali dei palestinesi e trattando Gaza come un territorio da colonizzare e trasformare a piacere, senza alcun rispetto per la sua popolazione.

Francesca Albanese, relatrice speciale dell’Onu per i Territori Palestinesi Occupati, ha definito questa proposta addirittura peggiore di una pulizia etnica, sottolineando che si tratta di un’operazione di sfollamento forzato. “È incitamento allo sfollamento forzato, che è un crimine internazionale”, ha dichiarato, rispondendo a un giornalista.

L’analisi dei giornalisti Ramzy Baroud e Romana Rubeo, pubblicata su The Palestine Chronicle, critica duramente il piano di Trump, considerandolo irrealistico e pericoloso. Secondo i due autori, la proposta mira principalmente a rafforzare il governo di Netanyahu in un momento di debolezza, dopo aver dovuto cedere alle richieste delle fazioni politiche palestinesi. Trump sta, di fatto, cercando di offrire a Israele un appoggio simbolico per compensare la sua sconfitta militare a Gaza.

Baroud e Rubeo mettono anche in evidenza che, nonostante la devastazione, la popolazione di Gaza sta tornando a casa e rifiuta categoricamente ogni forma di sfollamento forzato, indicando che l’attuazione di un piano simile sarebbe tutt’altro che semplice.

Fumo e specchi

L’attivista italo-palestinese Donia Raafat definisce le dichiarazioni di Trump “fumo e specchi”, una strategia mediatica finalizzata a spostare i confini di ciò che viene percepito come accettabile. Secondo Raafat, questo piano estremamente irrealistico serve a normalizzare altre misure più insidiose, come una pulizia etnica parziale o l’espansione delle colonie illegali israeliane in Cisgiordania. L’obiettivo, afferma Raafat, è distogliere l’attenzione pubblica dai veri nodi della questione palestinese: la fine dell’assedio di Gaza, il diritto all’autodeterminazione e al ritorno dei rifugiati palestinesi. Infatti, mentre il mondo dibatte sulle parole di Trump, il genocidio in Palestina continua.

Gaza: Israele non sta rispettando nessun accordo

Un report dell’organizzazione di difesa dei diritti umani Euro-Med Human Rights Monitor denuncia che, nonostante il cessate il fuoco, entrato in vigore il 19 gennaio 2025, Israele continua a mettere in pericolo la popolazione di Gaza con azioni che aggravano la crisi umanitaria. Il blocco totale imposto da Israele impedisce infatti l’ingresso di beni di prima necessità, aiuti umanitari e materiali per la ricostruzione della regione.

Inoltre, pur cessando i bombardamenti su larga scala, le forze israeliane continuano a uccidere deliberatamente palestinesi. Dal 19 gennaio ad oggi, sono stati documentati almeno 110 morti e 901 feriti.

Il rapporto evidenzia anche che migliaia di corpi rimangono sotto le macerie, e che Israele ne sta ostacolando il recupero.

In aggiunta, il collasso delle infrastrutture sanitarie e idriche sta alimentando il diffondersi di malattie, e la popolazione soffre sempre di più per la crescente insicurezza alimentare, dovuta alla limitazione dell’accesso alle risorse agricole e alla pesca. Infine, gli aiuti internazionali continuano a essere sotto il controllo israeliano.

Secondo l’organizzazione, queste azioni violano il diritto internazionale e la Convenzione sul Genocidio del 1948, poiché portano alla distruzione deliberata del popolo palestinese. Il report chiede alla comunità internazionale di intraprendere azioni concrete, come la revoca del blocco, sanzioni contro Israele e l’applicazione dei mandati di arresto contro i responsabili.

Cisgiordania in fiamme: massacri e distruzione

Dal 7 ottobre 2023 ad oggi, e soprattutto dopo l’accordo per il cessate il fuoco nella Striscia di Gaza, la Cisgiordania occupata sta vivendo una tragedia dopo l’altra, con le forze israeliane che intensificano le operazioni militari, causando danni irreparabili alle infrastrutture e massacrando civili. A Jenin, il 3 febbraio 2025, l’esercito israeliano ha distrutto 23 abitazioni con esplosivi, danneggiando gravemente anche l’ospedale locale e creando una devastazione simile a quella compiuta a Gaza. I

l sindaco della città, Mohammed Jarrar, ha descritto l’invasione come la più grande degli ultimi anni, avvertendo che Jenin potrebbe trasformarsi in una città deserta se la violenza non cessa. Tutte le città della Cisgiordania sono vittime di incursioni dell’esercito, e anche gli ospedali, come quello di Tulkarem, sono stati assediati dalle forze israeliane. Questa offensiva israeliana, chiamata “Operazione Muro di Ferro”, ha già causato almeno 70 morti palestinesi dall’inizio del 2025, tra cui numerosi bambini, e ha provocato migliaia di sfollati.

A Tulkarem, sono stati recentemente uccisi Sundus Shalabi, una donna incinta di 8 mesi di soli 23 anni, e il bambino di 10 anni Saddam Rajab, entrambi vittime delle incursioni israeliane. L’assassinio di Sundus e del suo bambino, così come quella di Saddam, sono esempi cruenti della quotidianità che il popolo palestinese sta vivendo, ma che raramente occupano le prime pagine dei giornali.