Sono a Torino, nella Reggia di Venaria, dove i Ministri dell’Ambiente dei sette paesi del G7 parlano di clima, energia e ambiente. La Fondazione Marevivo e la Fondazione Dohrn sono presenti con la mostra Only One, in una sala della Reggia: esiste un solo pianeta con caratteristiche idonee a soddisfare le nostre necessità, e lo dobbiamo tenere da conto. Per raggiungere obiettivi di sostenibilità occorre attuare l’economia circolare, evitando gli sprechi, la transizione energetica verso le rinnovabili, affrancandoci dai combustibili fossili, e la transizione alimentare, per produrre cibo in modo rispettoso dell’ambiente.
Non abbiamo inventato noi questi concetti, predicati da innumerevoli dichiarazioni nei vari consessi internazionali, a cui raramente seguono i fatti. L’Unione Europea ha iniziato questo processo di transizione con la direttiva Uccelli, nel 1979, a cui hanno fatto seguito la Direttiva Habitat (1992), la Direttiva Acque (2000), la Direttiva Marina (2008), la Politica comune della Pesca (2013), la Direttiva sulla Pianificazione Spaziale Marittima (2014) e, finalmente, il Green Deal (2019), la Missione sulla Salute degli Oceani, dei Mari, delle Acque Costiere e Interne (2021), fino alla Legge sul Restauro della Natura (2022).
L’Unione Europea non attende che altri paesi facciano il primo passo. Di solito, infatti, pur essendo tutti d’accordo sulla necessità di preservare il capitale naturale, tutti attendono che siano gli altri a iniziare, prima di tutto la Cina e l’India. Nell’attesa, gli obiettivi non sono raggiunti e il cambiamento climatico prosegue con conseguenze catastrofiche in campo economico e sociale. Non ci dobbiamo preoccupare per la natura: quel che le possiamo fare non può annientarla. Affronterà la sfida e troverà nuove strade, come ha fatto in occasione di cinque estinzioni di massa, ognuna preludio di un nuovo fiorire di biodiversità e di nuovi assetti degli ecosistemi. Saranno le specie dominanti a pagare il prezzo di una sesta estinzione di massa, e la specie dominante, oggi, è la nostra.
Le società e le economie dipendono dal capitale naturale. Possiamo modificare la natura a nostro vantaggio, ma siamo stati troppo bravi nel farlo e stiamo deteriorando il capitale naturale che ci sostiene, sfruttandolo oltre i limiti di tollerabilità. E’ nostro interesse cambiare strada, transitare verso nuovi modi di “utilizzare” il capitale naturale senza pagare i prezzi economici e sociali che ora siamo costretti a rifondere.
I paesi del G7 sono i maggiori responsabili di tutto questo. La Cina e l’India, e gli altri stati “emergenti”, producono merci che sono utilizzate da “noi”: inquinano per noi, e ci portano le merci con enormi navi portacontainer. Ce ne siamo accorti ai tempi del Covid: fermate le importazioni ci siamo trovati in difficoltà anche solo per le mascherine. La nostra supremazia tecnologica è rimasta inalterata, o quasi, visto che siamo stati in grado di sviluppare vaccini efficaci, ma moltissimo di quello che oggi utilizziamo viene prodotto altrove, anche se siamo noi a progettarlo. La globalizzazione delle produzioni ha portato alla globalizzazione degli impatti. Non ci sono “altri posti” dove andare per essere al riparo.
I paesi del G7 abitano porzioni temperate del pianeta, e risentono meno delle conseguenze catastrofiche del riscaldamento globale che, invece, ha forti impatti nelle aree tropicali ed equatoriali, dove il caldo è diventato “troppo caldo”. Da lì fuggono i disperati che vengono da noi in cerca di nuove possibilità di sopravvivenza. Siccità e inondazioni causano carestie, guerre e crisi umanitarie. Ma il conto sta arrivando anche da noi.
Non so se avrò il tempo di fare una domanda ai ministri riuniti, durante la conferenza stampa. Vorrei chiedere: l’Unione Europea ha emesso diverse direttive per preservare e proteggere il capitale naturale, culminate con l’European Green Deal, senza aspettare che altri stati facessero altrettanto. Esiste una possibilità che il G7 possa concordare con questa politica “unilaterale” per dare impulso a politiche che mirino alla sostenibilità attraverso l’economia circolare, la transizione energetica e la transizione ecologica, come illustrato dalla mostra “Only One” organizzata da Marevivo e dalla Fondazione Dohrn? Sarebbe bello che l’Eu Green Deal diventasse il G7 Green Deal!
So bene che i Ministri dell’Ambiente non possono prendere decisioni per i loro governi, queste politiche necessitano di collegialità e raramente i governi mostrano sensibilità per le questioni ambientali. Raramente… ma a volte avviene, come nel caso dell’Unione Europea. I 209 miliardi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza sono in gran parte dedicati proprio alla transizione ecologica e rappresentano un forte stimolo per lo sviluppo di nuove tecnologie e nuove politiche che ci affranchino, finalmente, dalla dipendenza dai combustibili fossili e, anche, dagli sprechi che un certo modo di concepire l’economia ha generato.
L’economia lineare vede la produzione di beni di consumo che finiscono nelle discariche e negli inceneritori, mentre l’economia circolare vede un tragitto diverso per le merci, attraverso il riciclo e il riuso. La “spazzatura” generata dalla natura viene “sequestrata” nei sedimenti. Il petrolio e il carbone altro non sono che i resti di organismi morti e non riciclati. Noi li estraiamo e li bruciamo, redistribuendo la “spazzatura” nell’atmosfera. Molto di quello che la natura produce, comunque, viene riciclato e riutilizzato. Solo imitando la natura potremo continuare ad usarne i beni e i servizi. Qualcuno deve cominciare a farlo, e sarebbe ora che i G7 imboccassero la strada aperta dall’Unione Europea.