Società

Siamo tutti escapisti: tendiamo a fuggire dalla realtà. Eppure dovrebbe importarci

È una parola poco usata, perché sconosciuta ai più: è l’escapismo. Sembra un neologismo, ma in realtà fu usato per la prima volta da Carlo Maria Franzero nel 1947 e successivamente da Eugenio Montale nel 1954, sempre con il significato di fuga dalla realtà. O, meglio ancora, nel significato di non voler accettare una realtà malevola, disturbante. Eppure, paradossalmente, è un sostantivo che ci accomuna più o meno tutti, specialmente, per quanto mi occupa, nel campo ambientale.

È di qualche giorno fa l’ennesimo grido di allarme di Elizabeth Kolbert sulla sesta estinzione di massa: “Si dice di continuo che stiamo entrando in un territorio inesplorato. È davvero così: stiamo portando il pianeta fuori dal regime climatico in cui gli esseri umani si sono evoluti. Di più: la verità è che potremmo facilmente spingere il clima in un regime mai visto per molti milioni di anni. Un’altra tendenza che le persone hanno – me compresa – è che pensiamo che il futuro assomiglierà al passato. Invece è garantito che sarà parecchio diverso.

La Kolbert ha le idee chiare, e come lei molti altri studiosi: siamo in pieno dentro alla sesta estinzione, ed è causata da noi. Ma ammettiamo pure che non sia proprio così, però invece è sicuro, sicurissimo, che l’impronta ecologica dell’uomo, specie quella di noi occidentali, è incompatibile con il pianeta Terra. L’Earth Overshoot Day nel 2023 è caduto il 2 agosto. Per quanto ci riguarda, se tutta la popolazione mondiale consumasse come un italiano, lo scorso anno sarebbero servite 2,69 Terre per soddisfare l’intero fabbisogno di risorse.

Tutte cose, queste, risapute ormai ai più, ma che forse il nostro comportamento quotidiano cambia? E qui veniamo appunto all’escapismo: ci comportiamo esattamente così, come se la cosa non ci riguardasse, allontaniamo da noi l’idea che noi, noi stessi, ciascuno di noi contribuisce alla rovina della Terra, e, a tendere, anche alla nostra possibile estinzione. Ma quello che più sconcerta è che gli stessi politici, che in teoria dovrebbero avere più chiaro il concetto rispetto all’uomo della strada (anche se mi permetto di dubitare che sia così, vista l’incultura che manifestano…), i politici che hanno la responsabilità dell’andamento della macroeconomia, continuano a prendere decisioni escapiste: in primis inseguire l’aumento del Pil, oppure continuare a consentire il consumo di suolo fertile.

E sono solo esempi. Forse che pensano che quando i nodi verranno al pettine, altri dovranno provvedere, oppure una salvifica scienza troverà il modo di risolvere i problemi, alla Pulp Fiction? Non credo: semplicemente il problema lo allontanano. E noi, anche se sentiamo che il problema esiste, noi, nel nostro piccolo, cosa facciamo? Siamo onesti: nulla. Cerchiamo di ignorare. O, se non ignoriamo, ci trinceriamo dietro un “Intanto, non ci si può fare nulla.”