Cinema

Il lato oscuro della tv per bambini Nickelodeon: “Razzismo, sessismo, mobbing”. Sotto accusa lo showrunner Dan Schneider

Un documentario, "Quiet on set", fa tremare la storica tv per bambini Nickelodeon

Razzismo, sessismo, molestie verbali e mobbing. Accuse di ogni tipo sono cadute sul capo di Dan Schneider, il golden boy del canale tv per ragazzi Nickelodeon, dopo la prima della docuserie di Investigation Discovery, Quiet on set: the dark side of kids TV. Appunto, il lato oscuro di una tv per bimbi. Nelle prime due puntate della serie si parla di un ambiente dietro le quinte tossico e violento messo in piedi da alcuni adulti di spicco della produzione.

Nel centro del mirino sono così finiti sia Schneider che Brian Peck, attore, coach dei dialoghi, regista e produttore per Nickelodeon, condannato a 16 mesi di prigione per molestie a un minorenne, l’attore adolescente Dake Bell nel 2003. Schneider è stato lo showrunner simbolo del canale e nel documentario sembra esserci sempre lui ad ogni angolo di racconto. Schneider e la sua società di produzione, Schneider’s Bakery, sono dietro alcuni degli spettacoli più famosi di Nickelodeon, tra cui The Amanda Show, Drake and Josh, Zoe 101, iCarly e altri. Schneider si è dilettato nella recitazione all’inizio della sua carriera, ottenendo alcuni piccoli ruoli e un posto ricorrente nella sitcom degli anni ’80 “Head of the Class”.

Ha iniziato a lavorare come autore e produttore per Nickelodeon negli anni ’90 e ha continuato a lavorare con la rete fino a quando i due si sono separati nel 2018. Nel documentario Schneider viene accusato di presunti comportamenti poco professionali e inappropriati sul posto di lavoro, uno dei più comuni dei quali includeva chiedere frequentemente alle dipendenti di massaggiargli il collo mentre era sul set. Le autrici di The Amanda Show, Jenny Kilgen e Christy Stratton, hanno accusato Schneider di palesi manifestazioni di comportamento discriminatorio, dicendo che dava loro uno stipendio solo in due in quanto donne, che spesso faceva loro commenti e richieste inappropriate.

Due ex attori di All That, Bryan Hearne e Giovonnie Samuels, hanno affermato di aver sperimentato il razzismo sul set, sostenendo di essere stati scelti per ruoli stereotipati e trattati male dallo showrunner. Gli adulti che lavoravano dietro le quinte all’epoca, inclusi Kilgen e Stratton, affermano nel documento che Schnieder avrebbe una propensione ad un umorismo e a scelte narrative con codici e linguaggi troppo adulti: gonne corte, bikini e costumi che alcuni attori ritenevano non adatti all’età. Schneider ha negato ogni affermazione. In una dichiarazione, il suo portavoce ha affermato: “Ricorda, tutte le storie, i dialoghi, i costumi e il trucco sono stati completamente approvati dai dirigenti della rete. Un gruppo di autori ha letto e infine approvato ogni sceneggiatura, e i dirigenti della programmazione hanno rivisto e approvato tutti gli episodi. Inoltre, ogni giorno su ogni set c’erano sempre genitori, badanti e i loro amici che guardavano le riprese e le prove”. Schneider è stato anche accusato di abusi verbali ed emotivi sotto forma di urla, minacce, insulti. Va infine precisato che l’uomo, oggi 58enne, non è stato accusato di alcuna forma di abuso fisico o sessuale.