Diritti

Assange e gli altri, guai a chi tocca il potere: così finisce in tribunale chi protesta contro politici e aziende. Su FQ MillenniuM in edicola

Il nuovo numero del mensile diretto da Peter Gomez parte dal caso del giornalista australiano per raccontare anche le storie dei "piccoli": attivisti, manifestanti, associazioni portate in tribunale da politici e aziende, spesso con cause temerarie. Qualche esempio? In Abruzzo è successo a cittadini in assemblea contro i miasmi di un impianto per il compost, ad Andorra è andata a processo la psicologa che si batte per il diritto all'aborto. Alessandro Di Battista racconta i suoi incontri con il fondatore di Wikileaks, Primo Di Nicola spiega come mai al Parlamento italiano della libertà di stampa non frega assolutamente nulla

Mentre Julian Assange rischia di non uscire mai più dal carcere, c’è chi finisce in tribunale perché denuncia l’uso di pesticidi o un impianto che appesta l’aria. Nel numero in edicola da sabato 9 marzo, FQ Millennium, il mensile diretto da Peter Gomez, mette insieme storie grandi e piccole accomunate da un destino: guai a chi tocca il potere.

Il fondatore di Wikileaks è raccontato da Alessandro Di Battista, che lo ha conosciuto personalmente e in questi giorni porta in giro per l’Italia uno spettacolo teatrale a lui ispirato: “Lo incontrai a Londra nel 2013, credeva davvero nella possibilità di colpire il potere”, ricorda l’ex M5S intervistato da Luca de Carolis. “D’altronde a quei tempi lavorava con i principali quotidiani del mondo: dal New York Times al Washington Post, per continuare con Le Monde, El País o Der Spiegel. Credo che non immaginasse che di lì a poco lo avrebbero abbandonato tutti, gli stessi che fino a poco tempo prima facevano la fila per ottenere materiale da lui e che hanno usato i suoi scoop per vendere copie”.

E poi ci sono gli altri. I cittadini abruzzesi querelati per un’assemblea pubblica indetta contro un impianto di trasformazione del compost che appestava l’aria. La studentessa polacca Nawojka Ciborska, chiamata a rispondere di una protesta pacifica dal colosso del gas, Gaz System. La psicologa di Andorra, Valeria Mendoza Cortés, citata per diffamazione dal suo governo perché in sede Onu denunciava il divieto assoluto di aborto in vigore nel principato. E, tornando in Italia, il recente caso della Danieli, che chiede di avere i nomi di tutti i 24 mila cittadini che hanno firmato la petizione contro una nuova acciaieria in Friuli.

Sono solo alcune delle storie raccolte da Martina Castigliani in una lunga inchiesta sulle cause temerarie, che non colpiscono solo i giornalisti, ma anche attivisti e associazioni, colpevoli di mettersi contro i grossi interessi economici e politici. Un caso storico è quello del massiccio uso di pesticidi nella coltivazione delle mele in Alto Adige, denunciato nel 2017 dall’Istituto ambientale di Monaco di Baviera, a sua volta portato in tribunale per diffamazione da un assessore provinciale e oltre mille agricoltori. Alla fine Karl Bär, referente dell’Istituto per l’agricoltura, è stato assolto, ma il caso è durato quattro anni.

Ecco perché le querele e le cause temerarie sono un problema: vengono utilizzate anche da chi sa di non poter vincere, solo per intimidire o mettere la sordina a denunce e proteste. Per questo è nata CASE, la coalizione contro le querele temerarie, che ha sostenuto la direttiva europea in materia recentemente approvata, e che andrà declinata nelle legislazioni nazionali. In Europa, Case ha censito 820 querele temerarie in atto, di cui 32 in Italia. “Giorgia Meloni è una querelante seriale”, aggiunge Sielke Kelner, coordinatrice italiana di CASE, intervistata su FQ MillenniuM.

A proposito, ma non si doveva fare una legge sulle querele temerarie anche in Italia? Sì, ma è finita in nulla, come racconta Primo Di Nicola, diventato senatore 5 Stelle dal 2018 al 2022 dopo una vita da giornalista politico. Il 16 gennaio 2020, il suo tentativo di farla approvare in aula era a un passo dal successo, ma all’ultimo tutto è saltato. “Le liti temerarie te le scordi!”, gridò un esponente del partito di Renzi, “tra gli applausi di leghisti e forzisti, i partiti che allineano forse il maggior numero di querelatori seriali contro i giornalisti”.

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