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Primarie repubblicane, Trump fa poker in South Carolina: l’unico ostacolo alla sua candidatura sembrano essere i guai giudiziari

Donald Trump fa poker: vince le primarie in South Carolina e colleziona la quarta vittoria consecutiva nei quattro voti che hanno finora assegnato delegati alla convention nazionale repubblicana che, ad agosto, designerà il candidato del partito alle presidenziali del 5 novembre. Trump pare avviato a ottenere, salvo incidenti di percorso giudiziari o altro, la terza nomination repubblicana consecutiva. E si appresta a fare scala reale martedì 27, quando ci saranno le primarie nel Michigan.

Nonostante i successi, la strada di Trump non è tutta in discesa. Ci sono i processi, che potrebbero accavallarsi con la campagna elettorale e avere un impatto sull’atteggiamento degli elettori, specie in caso di condanna. E c’è l’incognita dei repubblicani che votano la sua rivale Nikki Haley e che possono azzoppare la sua candidatura non andando a votarlo alle presidenziali. Nel giorno del secondo anniversario dell’invasione russa dell’Ucraina, un sondaggio dell’Ap fra gli elettori repubblicani del South Carolina indica che sei su dieci non vogliono continuare ad aiutare Kiev contro Mosca, non sono ostili al presidente russo Vladimir Putin e non sono convinti dell’utilità della Nato. Accanto a Putin, sul carro di Tespi di Trump c’è pure l’uomo della motosega, il presidente argentino Javier Milei.

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In South Carolina Trump ha quasi il 60% dei voti e Haley quasi il 40%. Per Haley, che giocava in casa – è nata in South Carolina ed è stata governatrice dello Stato per due mandati -, è una sconfitta bruciante, anche se meno netta del previsto (i sondaggi le davano solo un terzo dei voti). Fra i Repubblicani, nessuno ha mai perso le primarie nel suo Stato e ha poi vinto. Trump incassa tutti i 50 delegati dello Stato e sale a 113 delegati, contro i 17 di Haley. Per ottenere la nomination ne servono 1.215. È quasi impossibile che il tycoon superi la soglia nel Super Martedì, il 5 marzo, quando si voterà in 15 Stati. Dovrà attendere la sessione di primarie del 19 marzo.

Il magnate, che anche quando gli va tutto bene riesce ad esagerare, commenta: “Una vittoria ancora migliore delle attese. È una fantastica serata: ora andiamo in Michigan e poi al Super Martedì. Non ho mai visto i Repubblicani così uniti”. L’ex presidente assicura che, una volta eletto, risolverà subito la crisi dell’immigrazione: promessa identica a quella fatta nel 2016 e non mantenuta. Parlando a Columbia, capitale dello Stato, Trump dice: “Joe Biden sta distruggendo il nostro Paese e il 5 novembre gli diremo ‘Biden you are fired‘”, rilanciando la frase iconica che usava nello show televisivo The Apprentice. Sul palco con lui c’è il senatore nero repubblicano Tim Scott, ex rivale e ora suo possibile vice.

Haley però non molla, si congratula con Trump per la vittoria ma aggiunge: “Ho detto che avrei continuano la corsa per la presidenza e sono una donna di parola. Non mollo la battaglia, quando la maggior parte dell’America disapprova Trump e Biden che non sono il futuro del nostro Paese. Dobbiamo battere Biden a novembre e non credo che Trump possa batterlo. Chi mi vota chiede un’alternativa”.

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Alla Conferenza dei Conservatori, la Cpac, che si svolgeva nel Maryland, Trump ha scontatamente vinto il sondaggio informale su chi debba essere il candidato repubblicano il 5 novembre: ha avuto il 94% dei voti, Haley il resto. Ma quella è la casa dei trumpiani. Più interessante il sondaggio su chi debba fare il vice di Trump: emergono due nomi, la governatrice del South Dakota Kristi Noem e l’ex candidato alla nomination Vivek Ramaswamy, entrambi al 15%. Il voto è stato molto frastagliato e nessuno esce nettamente vincitore.

Parlando alla Cpac, Trump è apocalittico: se Biden vince le elezioni a novembre, il “peggio deve ancora venire”, gli Stati Uniti continueranno la loro corsa verso l’inferno. Paragonandosi di nuovo ad Alexei Navalny e definendosi “un orgoglioso dissidente politico“, il magnate si propone come l’unico freno per “fermare il declino“, come il “passaporto contro la tirannia“. E continua: “Biden ed i suoi scagnozzi vi hanno intrappolato su un treno espresso verso la rovina. Votarmi è un biglietto per la libertà”.

L’ex presidente denuncia il “sistema” responsabile dei 91 capi di accusa mossigli in quattro processi e del pagamento di oltre mezzo miliardo di dollari già impostogli in due processi civili perduti. E aggiunge: “L’unico mio crimine è difendere l’America, sono stato incriminato più di Al Capone. Vogliono strapparmi la libertà ma non m’arrendo, il giorno del voto sarà il giorno della liberazione dai bugiardi, il giorno del giudizio”.

Il magnate scarica la sua furia anche su Haley, colpevole di restare in lizza. Di recente l’ha definita Shiva, la divinità della distruzione, e l’ha anche velatamente minacciata. A margine della Cpac, Trump inneggia al presidente dell’Argentina Javier Milei che a lui s’ispira anche nello slogan: MAGA, Make Argentina Great Again. I due si abbracciano e Milei grida: “Viva la libertà!”. Che non potrebbe essere in mani peggiori.