Salute

Si apre una nuova frontiera di cura per il Morbo di Crohn: “Lo studio ATTIC può portare ad un cambiamento radicale del percorso terapeutico”

Per le persone che soffrono di Malattia di Crohn si apre una nuova frontiera di cura, rivolta a chi presenta la complicanza delle fistole perianali complesse (MPC), che peggiorano di molto la qualità di vita dei pazienti. Parliamo di ATTIC, lo studio clinico multicentrico, tutto italiano, per il trattamento della Malattia di Crohn con MPC, di cui fanno parte, insieme al Policlinico Sant’Orsola-Malpighi di Bologna – coordinatore dello studio –, l’Irccs Istituto Clinico Humanitas, l’Ospedale Luigi Sacco di Milano, l’Azienda Ospedaliero Universitaria Careggi di Firenze, l’IRCCS Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli di Roma, l’Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II di Napoli.

Attualmente, il trial clinico conta già 51 pazienti arruolati, affetti da malattia di Crohn, che hanno sviluppato una fistola perianale complessa, quale conseguenza del processo infiammatorio della patologia. L’obiettivo dello studio è quello di sottoporre una parte di essi a trapianto di tessuto adiposo dal paziente stesso, attorno alla fistola, per valutarne l’efficacia a distanza di 24 settimane. La ricerca è disegnata su un campione finale di 80 pazienti: prosegue, pertanto, l’invito ad aderire al progetto, per completare nel minor tempo possibile l’arruolamento dei pazienti.

Abbiamo chiesto di approfondire le novità dello studio al professor Silvio Laureti, Associato di Chirurgia generale dell’Università di Bologna, dirigente medico dell’UO di Chirurgia del tratto alimentare presso l’IRCCS Azienda Ospedaliero Universitaria S. Orsola-Malpighi di Bologna.

Professor Laureti, che cos’è la malattia di Crohn e quanto è diffusa?
“È una malattia infiammatoria cronica intestinale che può colpire la parete di tutto il tratto gastrointestinale e le cui cause sono solo parzialmente conosciute. L’ipotesi che prevale è quella di una probabile predisposizione genetica e una reazione immunologica abnorme nei confronti di determinati antigeni e fattori ambientali ancora poco noti, che comportano un danno che coinvolge tutto lo spessore dei tratti della parete intestinale, tra cui la formazione di ulcere intestinali e, successivamente, stenosi e/o fistole. Colpisce 135 persone per 100mila abitanti e ad oggi si calcola che, in Italia, ne soffrano circa 100mila persone, in gran parte giovani tra i 20 e i 40 anni. Recenti indagini epidemiologiche suggeriscono come, purtroppo, la malattia sia destinata a crescere, con la stima di un raddoppio entro il 2030”.

Tra le complicanze della malattia c’è la comparsa di fistole perianali, che sono causa di notevole sofferenza per il paziente.
“Sì, la malattia di Crohn è complicata dalla presenza delle fistole perianali nel 20-40% dei pazienti. Tra le ipotesi che le favoriscono, ci sono un aggravamento delle ulcere del canale anale e del retto basso. Anche le alterazioni del microbiota locale sembra possano giocare un ruolo molto importante”.

Qual è il trattamento standard per le fistole perianali?
“In realtà, non esiste una terapia che sia stata definitivamente dimostrata superiore alle altre: la chirurgia da sola può migliorare la qualità della vita dei pazienti con il drenaggio di ascessi e fistole, ma raramente conduce a guarigione. Le linee-guida nazionali ed europee indicano che il trattamento più efficace è oggi rappresentato dalla combinazione del drenaggio chirurgico della sepsi seguito dal trattamento con farmaci biologici. Il tasso di guarigione clinica è stimato intorno al 55-60 %”.

Lo studio ATTIC si propone di trovare una valida alternativa terapeutica per questo tipo di complicanza?
“I dati ottenuti ci diranno, con grande solidità scientifica, se l’utilizzo del trapianto di tessuto adiposo microfratturato, del paziente stesso, con le ben note capacità di modulazione della risposta immunitaria e riparazione del danno tissutale, possa rappresentare un’efficace strategia per quei pazienti che non rispondono al trattamento standard. Questi pazienti presentano una qualità di vita molto compromessa e un rischio molto significativo di stomia definitiva, ovvero la creazione di un’apertura artificiale sull’addome collegata a una sacca per la raccolta delle feci”.

La tecnica di prelievo di tessuto adiposo è stata già adottata in alcuni casi? Quali risultati vi aspettate?
“La tecnica è stata già testata in uno studio ‘pilota’, che ho portato a termine nel 2017, e i cui risultati sono stati pubblicati su di una importante rivista scientifica internazionale. Si trattava di 15 pazienti che non rispondevano a precedenti terapie mediche e chirurgiche, e che non avevano altre prospettive di trattamento. Di questi,10 hanno ottenuto la guarigione, confermata con una risonanza magnetica. Lo studio ATTIC dovrebbe confermare questo brillante risultato”.

La prospettiva è di usufruire di questa tecnica in molti ospedali in Italia?
“Quello che potrebbe succedere, oltre a un utilizzo più diffuso della tecnica, è il cambiamento radicale del percorso terapeutico di questi pazienti in modo che, da una terapia di salvataggio su pazienti che abbiano fallito ogni altra cura, il trapianto di TAAM (trapianto di tessuto adiposo autologo microfratturato) diventi il trattamento standard di questa patologia. Oltre a un vantaggio clinico per i pazienti, ciò comporterebbe anche una notevole riduzione di costi per il SSN”.