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Olimpiadi, tutte le incognite del progetto di Salvini per fare a Cortina la pista da bob (e accontentare Zaia): dai costi alla deroga del Cio

Via la copertura della pista, via qualche edificio, via le tribune per il pubblico, via i piazzali, il bar e un po’ di strade di raccordo. Mezzo ettaro di bosco in meno divorato dalle ruspe, ma anche una bella sforbiciata alle mitigazioni ambientali. Aggiungiamo un risparmio miracoloso di 200 giorni per i lavori, che calano da 807 a soli 607 (un quarto in meno), il che significa riduzione dei costi e aumento dei margini economici per le imprese. Con un colpo di bacchetta magica, ecco il piano del leghista Matteo Salvini per costruire la pista da bob olimpica a Cortina, evitare una figuraccia planetaria all’Italia, accontentare il governatore Luca Zaia, dare una lezione al collega forzista Antonio Tajani (sponsor del recupero dell’impianto di Cesana Pariol) e lanciare un messaggio a Giovanni Malagò, ormai orientato per la soluzione Sankt Moritz.

Il 5 dicembre il ministro alle Infrastrutture aveva promesso un nuovo progetto – Cortina Due o Cortina Light – per ridisegnare l’impianto che dovrebbe ospitare le gare di bob, skeleton e slittino, renderlo più essenziale e ingolosire (con la possibilità di utili) le imprese che hanno finora disertato le aste pubbliche. Il piano, anche se non ultimato in tutti i dettagli, è pronto ad essere trasformato in un bando di gara. Ne è entrato in possesso Il Corriere delle Alpi che lo ha pubblicato, con corredo di disegni e grafici. È il frutto della politica che ha deciso, quando ormai il punto di non ritorno sembrava segnato, di chiedere ai tecnici di rimescolare le carte, comprimere il tempo e le planimetrie, nella speranza di rendere la nuova ipotesi digeribile per il Comitato Olimpico Internazionale e le Federazioni. Perché ciò avvenga, però, oltre all’incognita del mercato che potrebbe non rispondere al nuovo appalto, serve una maxi-deroga da parte del Cio.

LE NUOVE SCADENZE – A Salvini serve spostare in avanti le lancette dell’orologio di oltre un semestre. Omologazione della pista non più nell’inverno 2024-25, ma a settembre 2025, con a seguire (ottobre 2025) i test events, ovvero gare vere e proprie che simulino quelle olimpiche di febbraio 2026. La deroga del Cio sarebbe vistosa, considerando che veniva considerato tassativo il 15 novembre 2024 per la messa a disposizione della parte di pista necessaria per collaudi e omologazione. Per riuscirci, il ministro dovrebbe pattinare sul ghiaccio: entro fine 2023 pubblicazione del nuovo bando, a metà gennaio 2024 scadenza per le offerte dei costruttori, a fine gennaio l’assegnazione. Apertura dei cantieri a metà febbraio. In questo modo il Cio avrà una proposta formale entro il 31 gennaio, quando deciderà se accogliere le pur tardive assicurazioni italiane. La prima condizione è che qualche impresa si convinca a partecipare alla gara, ma evidentemente Salvini conta sul fatto che il suo intervento diretto nel progetto sia persuasivo, considerando la mole di lavori pubblici che il suo dicastero controlla. La seconda condizione è che il Cio accetti di giocare sul filo del rasoio. Il rischio è che si aprano i cantieri, ma che poi per qualche intoppo (i lavori in montagna sono sempre rischiosi) non si riesca a rispettare i nuovi, risicatissimi termini, con il risultato di un dissesto ambientale, ma senza pista, e della ricerca di un’altra soluzione in extremis.

IL NUOVO PROGETTO – Secondo l’anticipazione del Corriere delle Alpi il progetto sarà modificato in parte, mantenendo però il costo di 81 milioni e mezzo di euro. Non muta la lunghezza (1.650 metri) della pista a 16 curve. A cambiare sono gli edifici per la partenza per le donne e degli atleti junior. Scompaiono il bob-bar e le tribune, come le coperture sia della pista che di qualche altra struttura. L’edificio per l’impianto di refrigerazione subirà modifiche al tetto e ai rivestimenti. Si riducono piazzali e parcheggi. In totale si avrebbe un risparmio di circa 15-20 milioni di euro, aumentando i margini per le imprese.

I PUNTI CRITICI – In attesa di leggere il bando e di conoscere la valutazione che sarà data da Fondazione Milano Cortina 2026 (prossima riunione il 19 gennaio), le criticità che emergono non sono poche. La prima è legata alla tempistica, che consenta l’omologazione e i test event, spostati così a ridosso delle Olimpiadi da impedire le modifiche che si rendessero necessarie. Non è solo una questione di funzionalità, ma anche di sicurezza per gli atleti, un aspetto su cui il Cio è attentissimo. C’è poi il nuovo cronoprogramma dettagliato elaborato da Infrastrutture Milano-Cortina che non è ancora noto e che sarà esaminato da Fondazione e Cio. Un terzo aspetto riguarda l’interesse dei costruttori ad impegnarsi in un’opera che non li ha attratti economicamente anche quando il tempo a disposizione per ultimare i lavori era maggiore. Infine sarà valutato se il “progetto light” comporta sacrifici alle infrastrutture tali da mettere in discussione l’utilizzabilità dell’impianto dopo i Giochi, la “legacy” a cui il Cio tiene in modo particolare.

I COSTI FUTURI – Visto che la pista diventerà di proprietà del Comune di Cortina d’Ampezzo, il sindaco Gianluca Lorenzi ha cominciato a fare i conti, a preoccuparsi e a batter cassa. La scomparsa del servizio di bar, ad esempio, comporta già la perdita del canone d’affitto. Nei giorni scorsi ha dichiarato che il costo per gestire la pista sarà di un milione di euro, forse addirittura un milione 200mila euro all’anno. Così ha aperto una trattativa a distanza. Alla Regione Veneto chiede come minimo 400mila euro, ma ricorda che per la ristrutturazione dell’impianto di Cesana Pariol la Regione Piemonte si è impegnata a un contributo di 700mila euro. Alle federazioni del Coni chiede altri 100 mila euro. Poi invoca l’intervento degli imprenditori per la parte restante, sotto forma di versamenti diretti o sponsorizzazioni. Senza quei soldi, Cortina rischia un pesante indebitamento.