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Fuggi fuggi dal mar Rosso di navi cargo e petroliere dopo gli attacchi delle milizie yemenite. Greggio in rialzo di oltre il 3%

Si sta progressivamente riducendo il flusso di traffici commerciali navali del mar Rosso. La crescente minaccia di attacchi delle milizie yemenite Houthi suggerisce prudenza. Le prime cinque compagnie al mondo di cargo hanno deciso di circumnavigare il continente africano per evitare rischi, ritardando i tempi di consegna di una decina di giorni. La tratta da Singapore a Rotterdam si allunga ad esempio da 13.600 kilometri a quasi 19mila. Ad Msc, Hapag-Lloyd AG, Maersk, e Cma Cgm si è aggiunta oggi la taiwanese Evergreen che ha invece interrotto temporaneamente il trasporto di merci israeliane. La compagnia petrolifera inglese Bp, a sua volta, ha annunciato la sospensione del transito nel mar Rosso delle sue petroliere. Stamane la petroliera Swan Atlantic, di proprietà della Norwegian inventor chemical tankers, è stata attaccata da missili lanciati dal territorio yemenita, ed è stata poi raggiunta da imbarcazioni della marina militare statunitense per la successiva messa in sicurezza. Il Joint War Commitee dei Lloyd’s di Londra, che riunisce gli assicuratori del comparto marittimo, ha allargato le zone del mar Rosso che richiedono coperture extra contro i rischi di guerra. Decisione che fa salire i prezzi delle polizze per le navi che attraversano le aree designate.

Insieme allo stretto di Hormuz, anche quello di Bab al-Mandab (che separa il mar Rosso dall’Oceano indiano, ndr) è un punto nevralgico nelle rotte del greggio. Si tratta di acque da cui passa una quota significativa del petrolio mediorientale, un terzo di tutto quello trasportato via mare nel mondo. Gli Houthi sono sostenuti dall’Iran che si affaccia su Hormuz e che in passato ha, a sua volta, minacciato i transiti nelle sue acque. Inevitabile che questa situazioni produca effetti sulle quotazioni del greggio che, dopo settimane di debolezza, hanno ripreso a salire. Il brent guadagna più del 3% e torna sopra i 79 dollari al barile. Balzo pure per il prezzo del gas (molto di quello che arriva in Europa viene trasportato via nave in forma liquida, soprattutto dopo la riduzione dei flussi dalla Russia) che oltrepassa i 37 euro (+12%). A guadagnare sono inoltre le azioni delle compagnie ambientali. Interruzioni delle rotte abituali non fanno diminuire i carichi ma li rendono più costosi per chi deve spedirli. Negli ultimi 5 giorni Maersk ha guadagnato il 14%, Hapag Lloyd quasi il 20%.

L’Autorità egiziana del Canale di Suez ha detto di stare “seguendo da vicino” l’evoluzione della situazione e gli Stati Uniti hanno dichiarato di aver abbattuto 14 droni lanciati dalle aree controllate dagli Houthi. Gli attacchi alle navi sono avvenuti anche con “arrembaggi” via elicottero e hanno coinvolto anche vascelli che incrociavano a centinaia di miglia dalla costa. Gli attacchi sono motivati con l’intenzione di bloccare qualsiasi tipo di trasporto da e per Israele in conseguenza dei bombardamenti su Gaza ma negli ultimi giorni le operazioni sono parse piuttosto indiscriminate. Nell’ultimo mese già 55 navi hanno deviato dalla rotta abituale. Non molte se si considerano le oltre 2mila imbarcazioni passate nelle acque del mar Rosso, tuttavia nell’ultima settimana la situazione sembra essere precipitata. Il Cairo è comprensibilmente in ansia. I passaggi dal Canale di Suez garantiscono introiti per oltre 9 miliardi di dollari all’anno, dal mar Rosso passa il 12% delle merci che si muovono nel mondo e l’8% del Gnl (gas liquefatto)

La situazione è resa più complessa dai dissidi tra Stati Uniti e alleati del Golfo persico sulla linea da seguire. In particolari, gli Emirati Arabi spingono per un’azione militare decisa mentre Washington sarebbe, per ora, più propensa ad organizzare una sorta di scorta militare marittima per le navi in transito. Secondo un funzionario statunitense, riporta l’agenzia Bloomberg, la Casa Bianca ha comunicato con gli Houthi tramite l’Oman e alcuni altri intermediari, esortandoli a fermare gli attacchi. Un portavoce delle milizie ha confermato i contatti ma ha detto che il gruppo continuerà le sue azioni fino a quando Israele non smetterà di combattere a Gaza.

Prudente è anche l’Arabia Saudita che è nemica degli Houthi contro cui conduce da anni una guerra per procura contrapponendosi all’Iran con cui però ha da poco avviato un processo di riavvicinamento. L’attacco più devastante della milizia yemenita peraltro colpì proprio l’Arabia Saudita, nel 2019, per breve tempo, misero fuori uso metà della produzione petrolifera dell’Arabia Saudita con un attacco di droni su un impianto di raffinazione. “C’è una pressione crescente su Washington affinché intraprenda azioni più vigorose, e una svolta è in arrivo”, hanno affermato gli analisti di Rapidan Energy Group, società di consulenza sui rischi. Gli Houthi hanno dato inizio all’ultima guerra dello Yemen nel 2014, quando hanno conquistato la capitale Sanaa e sono sopravvissuti a una campagna di bombardamenti durata anni da parte di una coalizione guidata dall’Arabia Saudita e dagli Emirati Arabi Uniti.

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