Mafie

‘Ndrangheta, la sentenza: “Sì al risarcimento alle associazioni che si battono contro la mafia. Riconoscerne l’importanza”

Sì al risarcimento come parti civili alle associazioni che si battono contro la criminalità organizzata. Nelle motivazioni della sentenza di condanna del presunto boss Cosimo Maiolo il giudice per l’udienza preliminare di Milano, Anna Calabi, sottolinea che seve essere “riconosciuta l’importanza” delle associazioni di promozione sociale attive in “quei territori in cui la presenza della mafia plasma la vita dei cittadini che, spesso, vedono come ineluttabile il fenomeno nella zona in cui vivono”. Associazioni che “si antepongono” alle cosche mafiose e “che sono latrici di messaggi opposti di sicurezza e di rispetto della legalità e di tutela delle libertà individuali e comunitarie”.

Il magistrato non solo ha inflitto dieci condanne, a pene comprese tra i 4 anni e 8 mesi e i 12 anni e 8 mesi, nel processo al clan della ‘ndrangheta dei Maiolo-Manno, ma ha anche condannato il il principale imputato ed altri “al risarcimento dei danni a favore dell’associazione Wikimafia aps“, entrata come parte civile, con 17mila euro pure “a titolo di provvisionale immediatamente esecutiva”. “L’espandersi del fenomeno mafioso – scrive il gup che ha deciso nel rito abbreviato – sul territorio di competenza della cosca Maiolo crea un grave danno alla collettività che si vede costretta a subire le violenze e le intimidazioni”. Per questo deve essere “riconosciuto un adeguato risarcimento che, attraverso le pronunce giurisdizionali acquista maggiori visibilità e autorevolezza e operatività su quei territori in cui la presenza della mafia plasma la vita dei cittadini”.

L’inchiesta, con arresti eseguiti un anno fa nell’indagine coordinata dai pm della Dda Paolo Storari e Stefano Ammendola e condotta dalla Polizia, aveva accertato che il clan avrebbe fornito appoggio nel 2021 ad un candidato sindaco, non eletto, del centrodestra a Pioltello, nel Milanese. L’indagine aveva messo in luce come l’organizzazione criminale operasse sia nelle forme “classiche”, come il traffico di droga, armi, richieste di pizzo, intimidazioni e usura, sia con quelle più sofisticate come l’infiltrazione nei business, con la creazione di “serbatoi di manodopera” e gli “affari” sul trasporto salme in piena pandemia. Reati, scrive il gup, commessi con la “volontà di rafforzare il potere criminale dell’associazione mafiosa sul territorio”.