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Il trimestre anti inflazione si conferma un indiscutibile flop. Ma il ministro Urso lo rivendica come un successo

“Il trimestre anti inflazione finisce qui”. Lo annuncia, in vista del vertice odierno al Mimit, Adolfo Urso, il ministro che l’ha voluto e concepito. E siccome, come si dice, ogni scarrafone è bello a mamma soja, Urso giustifica la decisione dello mancato rinnovo con i successi che avrebbe raggiunto l’accordo con i marchi della grande distribuzione. Del resto, ragiona il ministro, l’inflazione è precipitata all’1,7% nel giro di pochi mesi. Peccato che gli unici prezzi che hanno continuato a salire sono proprio quelli maggiormente interessati dall’iniziativa, ossia gli alimentari. I numeri parlano chiaro. In novembre i prezzi alimentari sono saliti dello 0,7% rispetto ad ottobre a fronte di una flessione dell’intero indice dello 0,4%. Ad ottobre, primo mese di applicazione dell’accordo, gli alimentari non avevano registrato nessun ribasso, a fronte del – 0,2% dell’indice. Del resto, un accordo che coinvolge solo i rivenditori ma non i produttori, ben difficilmente sarebbe stato in grado di produrre qualche risultato degno di nota.

Alla base del calo generale dell’inflazione, che peraltro riguarda tutti i paesi dell’area euro, c’è ben altro. In primo luogo il prezzo dell’energia, come certificato dagli istituti di statistica di tutti i paesi aderenti alla moneta unica. Un anno fa, di questi tempi, il gas era su quotazioni stratosferiche, oltre 150 euro al megawattora. Oggi, sebbene rimanga su valori storicamente alti, costa meno di un terzo. Anche il petrolio, negli ultimi mesi, è in sensibile discesa. In tutta l’area euro inizia probabilmente a farsi sentire la forte stretta monetaria attuata dalla Banca centrale europea nell’ultimo anno a mezzo. Nel loro tentativo di contenere l’incremento medio dei prezzi, le banche centrali procedono sempre un po’ a tentoni ma è pensare comune che ridurre la quantità di denaro in circolazione (alzando appunto i tassi) aiuti a contenere o a “uccidere” il fenomeno. C’è infine un aspetto puramente statistico. La variazione annuale dei prezzi è ormai riferita a mesi in cui il costo della vita era già molto salito, dunque le ulteriori variazioni sono comprensibilmente più contenute. Avvengono però con i buoi già belli che scappati dal recinto e ormai in pascoli lontani a ingrassare come i profitti dei rivenditori.

Un’analisi più dettagliata l’ha condotta l’Unione nazionale consumatori che, a sua volta, conclude: i “dati attestano il flop del Trimestre anti-inflazione”. Nel loro complesso i prodotti alimentari e le bevande analcoliche, ossia dei beni più interessati dall’iniziativa del Governo, a novembre sono mediamente rincarati dello 0,7% su ottobre. Nella classifica dei rialzi mensili dei prodotti alimentari al primo posto c’è la frutta fresca con un aumento del 4,4% su ottobre 2023, poi l’olio di oliva con un incremento del 3% e gli alimenti per bambini. “Questi dati attestano il flop del Trimestre anti-inflazione. Se, infatti, la frutta fresca era esclusa dai possibili sconti, avendo prezzi troppo volatili e instabili per poter prendere impegni, spicca il terzo posto occupato dagli alimenti per bambini, +2,9% su ottobre 2023 e addirittura +12,8% su novembre 2022, contro il +11,1% del mese precedente. Un dato che da solo basterebbe a decretare il fallimento del Carrello tricolore, visto che i Prodotti per l’infanzia erano gli unici esplicitamente citati negli impegni del Protocollo”, afferma il presidente dell’Unc, Massimiliano Dona. “Vergognoso poi che la pasta, simbolo dell’alimentazione italiana, continui a salire nonostante prezzi oramai astronomici” aggiunge. Per la pasta fresca, secca e preparati di pasta l’aumento mensile è del 1,6%.
“Chiediamo che nella riunione di oggi al Mimit con le associazioni aderenti al Trimestre vi sia una vera svolta”, aggiunge Dona, con, almeno per Natale, “sconti seri e offerte sottocosto per tutti beni di più largo consumo”.