Musica

Il mio amico Frank Zappa ci lasciava trent’anni fa: la sua musica continua a regalarmi sorprese

Trent’anni fa, il 4 dicembre 1993, all’età di 53 anni, Frank Zappa muore a Los Angeles. Siamo stati amici per dieci anni e quando mancò all’appuntamento che mi aveva dato, a Vienna, per l’ultima rappresentazione di Yellow Shark, mi mandò un fax dicendomi che sarebbe tornato a casa: stava male.

Era settembre 1992. Gli telefonai, rispose Gail, sua moglie. Disturbo? No, Nando, queste telefonate gli fanno bene. Chiacchierammo del più e del meno, e gli dissi arrivederci, o in Usa o in Europa. Non verrò più in Europa. Sapeva che la fine era vicina. Sarei dovuto saltare su un aereo e andare a LA, in Woodrow Wilson Drive, visto che Gail diceva che parlare con me gli faceva bene. Come faceva bene a me parlare con lui. E invece non ci andai.

Gli ho dedicato una nuova specie di medusa (Phialella zappai) e ho ricevuto in cambio una canzone (Lonesome cowboy Nando) eseguita nel suo ultimo concerto rock, a Genova, nel 1988. Oggi, quando lo dico, i più non sanno neppure chi sia, Frank Zappa. Soprattutto i giovani. Se penso alla musica di 30-50 anni prima dei miei 20 anni, posso anche capire. Ma, oggi, sento nuovi brani molto osannati e non trovo originalità e sorpresa, come continua a darmi la musica di Zappa.

Chi ne sa di musica, come Pierre Boulez, conferma la mia impressione di non intenditore. Ogni tanto, un giovane su cento dice di conoscerlo e dichiara di ammirarlo moltissimo, come un grande innovatore che non ha confronti con “quel che circola ora”. Zappa ha fatto scuola e il suo genio sopravvive nei musicisti che militarono nelle sue band, e i grandi teatri iniziano a mettere in programma i suoi pezzi “classici”, che poi sono “tutti”. Dipende solo dall’orchestrazione. La musica di Zappa può essere suonata da una band da 4 a 12 elementi, da un computer, o da una grande orchestra, con più di cento maestri in frac. E può essere suonata, oppure cantata, con tempi diversi, con strumenti diversi.

Ci sono musicisti che ricorderò per tutta la vita, anche se alcuni sono cambiati, alcuni per sempre e altri non per il meglio, alcuni sono andati e altri rimangono, ma nessuno può essere paragonato a Zappa. Tutti questi musicisti perdono di significato se penso alla musica come qualcosa di nuovo. E ogni volta che lo sento, Frank mi regala qualcosa di nuovo.

Se queste parole vi sono familiari, avete ragione: le ho prese da In my life, dei Beatles. Frank li prese in giro con un disco intitolato: Siamo qui solo per i soldi, e la copertina era una parodia di Sgt. Pepper’s lonely hearts club band. Frank non solo scriveva musica “diversa”, trattava anche argomenti “diversi”. Il suo gruppo d’esordio si chiamava Le mamme dell’invenzione. Riprese quel nome nel titolo di un disco successivo, intitolato Frank Zappa incontra le mamme della prevenzione. La moglie di Al Gore, Tipper, promosse un movimento che voleva mettere etichette sui dischi, per stigmatizzare presunti testi osceni. Frank partecipò ad un’audizione in Senato, con Tipper e Al, e la registrò. Tipper, per dimostrarne l’oscenità, declamò versi osceni durante l’audizione e finì in un disco, a cantare una canzone oscena.

Sulle copertine dei suoi dischi spesso citò una frase del suo compositore preferito, Edgar Varése: il compositore odierno rifiuta di morire. Per Zappa la “morte” di un compositore arriva quando non scandalizza e non sorprende più: per me, e per alcuni altri, Frank è vivo. Gli piacevano Stravinsky e Eric Dolphy, Jonny Guitar Watson e i Tenores di Bitti, la musica bulgara e Anton Webern. Nella sua musica i generi non esistono, regna soprattutto il ritmo. La pagina nera, un fittissimo spartito per batteria si trasforma in un pezzo orchestrale.

Frank ama far ridere, ma ha scritto ed eseguito la canzone più triste che io conosca:Watermelon in Easter Hay. La trovate in Joe’s Garage. Joe si ritrova in una società che bandisce la musica e, appena uscito di prigione, sogna il suo assolo immaginario, l’ultima musica prima della fine della musica. In Iran avevano proibito la musica, estremizzando le intenzioni di Tipper. Ogni volta che la sento mi si spezza il cuore, anche se per Frank i cuori infranti sono per gli stronzi.

Zappa prese in giro tutti, compreso George Harrison, con la sua chitarra che piange dolcemente, un pianto di amore. Per tutta risposta arriva La mia chitarra vuole uccidere tua madre.

Sul dollaro è scritto In God We Trust. Frank fece molte canzoni sulla religione, la migliore, per me, è Dumb all over (stupido dappertutto) che termina dicendo che se dio ci fece a sua immagine e somiglianza, allora, visto che siamo stupidi, anche dio è stupido. La stupidità era la sua ossessione: alcuni scienziati dicono che l’idrogeno è l’elemento base dell’universo, vista la sua abbondanza, io (Frank) dico che c’è più stupidità che idrogeno e che l’elemento base dell’universo è la stupidità. Ed eccoci in mano a politici stupidi, che ingaggiano guerre in nome di religioni basate su libri scritti da dio.

E non possiamo non finire con quel che Mary dice in Joe’s Garage: L’informazione non è conoscenza. La conoscenza non è saggezza. La saggezza non è la verità. La verità non è bellezza. La bellezza non è amore. L’amore non è musica. La musica è IL MEGLIO. Nessuno come Frank. E la sua musica continua a vivere, come il bandito del clistere dell’Illinois. (Nota: questo testo è scritto per fanatici, astenersi perditempo).