Politica

Toti dà di matto dopo le ultime polemiche sulle sue follie. E intanto la sanità ligure affonda

Tra le molte disgrazie che affliggono la Liguria, ben più avanti sulla via del declino delle stesse medie nazionali, c’è quella di avere alla propria guida un buffo naturale mordace, che riesce perfino a rendere ridicola la regione con i suoi diversivi da venditore di sciroppi miracolosi, spacciati per alta comunicazione finalizzata alla promozione territoriale: il risibile governatore Giovanni Toti.

Grazie alle sue trovate estemporanee, in questi giorni si aggira sul Tamigi la zattera marcata Regione Liguria che trasporta il modello gonfiabile, formato maxi, di mortaio e pestello; ossia gli strumenti necessari per realizzare la tipica salsa al pesto di basilico della gastronomia genovese. Con il modico investimento (stando ai dati ufficiali) di mezzo milione di euro e il rischio che il pubblico british confonda quello che i nostri promoter al basilico chiamano “oro verde” con la locale salsa alla menta, che nella gastronomia inglese accompagna il tipico arrosto d’agnello.

Ultima di una serie di pagliacciate, tipo quella di addobbare il fragile quanto meraviglioso paesaggio delle Cinque Terre con una passiera rossa, il red carpet “per farci sentire tutti a Hollywood”; di megalomanie dispendiose come ingaggiare una stagionata ex velina quale testimonial o allestire concerti di fine d’anno con i fondi di magazzino Mediaset. Intanto qui da noi le imprese chiudono o vengono vendute a spezzatino, i giovani emigrano per carenza di opportunità e la popolazione residente invecchia, le famiglie stentano ad arrivare a fine mese e i carrelli della spesa sono vuoti. Ma questo non turba minimamente l’impavido Toti, che può disporre delle casse colme dell’Ente, oltre che dei fondi della sua Fondazione Change, dove affluiscono i finanziamenti di chi ha lucrato i suoi favori. In uno scoperto do ut des.

Ma ora che si è superato il limite della decenza con l’ultima follia londinese e le critiche sono piovute da ogni lato, il profeta del pesto “oro verde” ha cominciato a dare fuori di matto, in un chiaro attacco di follia da overdose comunicativa. Estraendo il peggio dal repertorio dei luoghi comuni alla Berlusconi (il caimano che si definiva “quello che ama”. Appunto, la preda). Sicché nei suoi post chilometrici ha proposto una variazione sulla gag demagogica e pretestuosa del “radical chic” (l’insinuazione in malafede dell’arrampicatore “con i piedi al caldo” che chi si batte per la giustizia inclusiva lo fa solo per ragioni ignobili) sproloquiando di irridenti “salotti green”. Ossia chi lo critica è perché odierebbe quel popolo che lui tanto ama e accoglie a piene mani.

Per cui i liguri di ponente che marciano a migliaia contro il rigassificatore, già rifiutato dai cittadini di Piombino, con in testa il loro sindaco di Fratelli d’Italia, sarebbero soltanto dei previlegiati “spocchiosi”. Per cui quanti protestano contro le sue politiche illusionistiche risulterebbero espressione di una élite “schifiltosa”, seguace della religione neopagana della Sinistra alla Schlein, che difenderebbe i propri (ipotetici) previlegi contro i disoccupati. Quando, se c’è un’espressione della neo-borghesia cafona e dolcevitara, questa popola il bacino elettorale da cui trae consensi il gaudente che regna sulla Liguria; che se ne va in trasferta extra-lusso a vedersi il Grand Prix automobilistico di Singapore, accompagnato dalla propria Corte dei Miracoli; che si gode i suoi ozi di Capua nella reggia di Piazza De Ferrari, su cui sta indagando la Procura di Genova (come ci hanno riferito gli articoli su il Fatto Quotidiano cartaceo di Marco Grassi e Andrea Moizo); che sta regalando la sanità ligure ai suoi benefattori privati, dall’ospedale di Bordighera a quello del Felettino a La Spezia, dove il pubblico pagherà per cinque lustri 15-20 milioni di euro l’anno di canone al privato che realizzerà l’ospedale.

Una catastrofe che va dall’ultimo Ponente all’estremo Levante; come ci ha mostrato su Rai3 la puntata di Report del 15 ottobre dedicata interamente alla sanità ligure. Da vergognarsi, specie quando Toti e l’assessore regionale alla sanità Grattarola fanno scena muta sul tema delle liste di attesa; per poi balbettare che la colpa è del Covid; omettendo che ormai gli specialisti non vogliono più lavorare nella sanità regionale. Tanto che il recente concorso per l’assunzione di anestesisti non copre il 60% dei posti disponibili.

Ma ormai lo sanno tutti: il godereccio ami du peuple (presunto) insiste a girare la frittata con un solo obiettivo: ottenere un terzo mandato in Regione da Meloni, costringendo il popolo ligure “reale” a subire le sue manovre per risolvere il problema di dove piazzare quell’ingombrante rigassificatore che tanto angustia la premier.