Ambiente & Veleni

Perché il Seveso continua ad allagare la città di Milano? Il tombinamento del fiume, l’urbanizzazione e le vasche in ritardo

Non è certo la prima volta che il Seveso “rigurgita” e allaga la città di Milano: se l’ultimo caso è avvenuto nella notte fra lunedì 30 e martedì 31 ottobre, il problema è ben noto ai milanesi almeno fin dal Secondo dopoguerra. Come riporta ad esempio il Corriere, in oltre un secolo si contano centinaia di episodi di questo tipo: 118 solo dal 1975 e oltre 20 dal 2010, mentre nel 2014 si susseguirono nel giro di tre mesi ben 6 esondazioni consecutive. Insomma, in media almeno due volte l’anno diversi quartieri nel nord di Milano si allagano, inondati dalle abbondanti precipitazioni e dall’acqua del fiume Seveso, con danni da milioni di euro. Prima di quest’ultimo caso, l’episodio più recente si era verificato lo scorso 15 settembre.

Per comprendere il perché di questi periodici allagamenti occorre anzitutto ricostruire il percorso del fiume, che sorge in provincia di Como, da un piccolo monte al confine fra Italia e Svizzera, e poi entra nel comune di Bresso e da lì a Milano, all’altezza del Parco Nord. E’ proprio nell’area settentrionale della città che il fiume “esonda”, ossia esce dall’alveo, come spiegava qualche tempo fa sul portale Bnews Mattia De Amicis, docente di Geologia ambientale all’Università Bicocca. Diverso è quello che accade più a sud: fra Bresso e Milano, vicino all’ospedale Niguarda, il Seveso è stato “tombinato” nel corso del Novecento, ossia interrato in un condotto sotterraneo, entrando nel sistema fognario della città fino a via Melchiorre Gioia. Qui si unisce poi al Naviglio Martesana, insieme al quale scorre, in corrispondenza della circonvallazione esterna, fino al canale Redefossi e al depuratore. Ecco, nell’area dove è interrato e intubato il fiume non “esonda”, bensì “rigurgita”: in sostanza, quando le fogne si saturano per via delle abbondanti precipitazioni, il Seveso non trova più spazio per scorrere nella rete fognaria e allora va in sovrappressione e riemerge dai tombini, allagando i quartieri di Niguarda, Isola, Bicocca e Maggiolina. A quel punto – come si legge su un articolo di qualche anno fa de Il Post – il suolo non è in grado di assorbire l’acqua, a causa dell’intensa urbanizzazione di questi quartieri, e si formano delle pozze in superficie.

Insomma, le cause di questi allagamenti sono molteplici: il tombinamento del fiume, la forte impermeabilizzazione del suolo causata dall’urbanizzazione e le piogge sempre più esplosive per via del riscaldamento globale. E tuttavia, secondo De Amicis esiste già una soluzione: realizzare delle vasche di contenimento nel tratto scoperto del Seveso, ossia nei comuni a monte della città dove il fiume scorre in superficie. In pratica, si tratta di costruire ampi e profondi bacini in grado di contenere le acque del fiume in caso di piena, evitando che si accumulino nel condotto che scorre sotto Milano. Ecco, tale soluzione fu pure condivisa da governo, Regione e amministrazione comunale. Un programma per realizzare le vasche di contenimento fu infatti previsto già dal Piano di gestione del rischio alluvioni (Pgra) adottato nel 2015 dall’Autorità di gestione del bacino Po, mentre – scrive il Corriere – il Governo Renzi sbloccò nel 2014 i fondi per intervenire in alcune situazioni di dissesto idrogeologico: il piano anti-esondazioni da 170 milioni di euro prevedeva anche la realizzazione di quattro vasche per contenere il Seveso, di cui tre in altrettanti comuni a nord di Milano – Lentate, Varedo, Senago – e una al Parco Nord – proprio nell’area dove il fiume è stato interrato.

Le vasche dovevano essere pronte in tempi rapidi, ma al momento nessuna delle quattro è stata ultimata, anche se il cantiere di Bresso – partito ormai nel luglio del 202o – è arrivato a un buon punto: quando verrà ultimato, le paratie consentiranno di rovesciare nella vasca di contenimento fino a 250 mila metri cubi d’acqua. “La vasca di Milano è in collaudo, ma le altre, quelle di Regione Lombardia sono indietro”, ha commentato su Facebook Marco Granelli, assessore alla Sicurezza e Protezione civile. “Lui dovrebbe preoccuparsi a casa sua”, gli ha risposto il presidente della Regione Attilio Fontana, “noi il nostro lavoro lo stiamo facendo. Le vasche di laminazione saranno pronte, la prima verrà consegnata entro la fine di gennaio, la seconda entro marzo, stiamo rispettando i tempi”. Insomma, tra governo e Regione è polemica su chi sia responsabile dei ritardi. Oltre a questo, ci sono poi i timori dei piccoli comuni del nord di Milano: dato che le analisi tecniche ritengono che il Seveso sia molto inquinato, segnalava ancora Il Post, la paura è che si finisca per costruire vasche d’acqua sporca e maleodorante, spostando il problema in provincia. C’è infine chi critica pure la vasca del Parco Nord, poiché in costruzione in un’area protetta che si estende per diversi ettari.