Calcio

I progetti non si comprano: il Psg traballa e in Luis Enrique già affiora il nervosismo

Ai confini con la Scozia – 100 km tra Newcastle e la frontiera – una doccia gelata ha sommerso il Psg mercoledì sera, travolto 4-1 dalla squadra di Eddie Howe. La redazione online del giornale l’Equipe ha titolato “Naufragio”. Poi, nell’analisi tecnica, ha parlato di “esplosione di fronte al pressing avversario”. Nella prima pagina della versione cartacea, giovedì mattina, un altro titolo forte: “La désillusion”. Senza troppi fronzoli anche Le Parisien: “I parigini hanno preso una grande batosta”. Che succede in una delle squadre di calcio più ricche del mondo, dal 2011 nel portafoglio del Qatar Sport Investments, capace di spendere dal 2012 a oggi 1,83 miliardi di euro alla voce acquisti, dominatrice in Francia, ma in Europa collezionista di fallimenti? La Champions è la coppa delle amarezze, su tutte la finale persa nel 2020 con il Bayern Monaco. Ma poi c’è il resto: un ko in semifinale, quattro volte il semaforo rosso nei quarti. Dopo il trionfo del Manchester City della proprietà emiratina nel 2023, lo scorno è ancora più forte.

Il Psg ha intrapreso una nuova strada. Dopo aver collezionato fuoriclasse, campioni e presunti tali in quantità industriale, il presidente Nasser Al-Khelaifi ha deciso di ringiovanire la rosa e avviare un progetto di gioco, rappresentato dal mestiere di Luis Enrique, eterno clone di Pep Guardiola. L’idea è quella di riproporre lo schema adottato nel 2016 dal Manchester City, con l’allenatore catalano monarca assoluto del progetto sportivo. A Guardiola, che all’interno dei confini inglesi ha vinto 5 campionati, 4 coppe di Lega, 2 Fa Cup e 2 Community Shield, in Europa è stato concesso tutto con estrema pazienza dallo sceicco Mansour, anche di perdere una finale (nel 2021 con il Chelsea), incartarsi nei quarti con il Lione nel 2020 e farsi beffare dal Tottenham nel 2019. Anche Lucho Enrique godrà di questo credito?

Il Psg ha modificato alcune linee guida, ma continua a spendere. Nel mercato estivo 2023, sono stati investiti 349,5 milioni. Il disavanzo registrato è di 146,5 milioni. E nonostante la partenza di Messi, Neymar, Verratti, Draxler, Renato Sanches e Ramos, il valore della rosa attuale è di 1,03 miliardi. Sono arrivati Kolo Muani (costo 95 milioni), Ugarte (60), Dembélé (50), Hernandez (45), Barcola (45), Ekitiké (28,5), Kang-in-Lee (22). Tra i cento giocatori di maggior valore al mondo, nove appartengono al Psg: al netto del cambiamento, riesce difficile accettare la tesi dell’impoverimento tecnico. Concesso a Enrique di assemblare bene il nuovo motore, bisogna però fare i conti con i risultati sportivi. Lo scenario non è idilliaco: il Psg è quinto in campionato – i punti di ritardo sulla coppia Monaco-Brest sono due – e deve rincorrere la qualificazione nei gironi di Champions, giocandosi molto nella prossima gara al Parco dei Principi contro il Milan. Tre punti i parigini e due i rossoneri, alle spalle del Newcastle, a quota quattro.

Al St James’ Park è scattato l’allarme perché, come avvenuto contro il Nizza di Francesco Farioli, il Psg ha subito il pressing alto degli avversari, ribadendo anche le difficoltà di manovra negli ultimi trenta metri: una situazione surreale se pensiamo che nel Psg gioca il miglior giocatore del mondo, monsieur Kylian Mbappé. Cultore del 4-3-3, Luis Enrique sta cercando di perlustrare nuove strade: il 4-2-4 a Newcastle, il 3-4-3 contro il Clermont.

L’allenatore asturiano ha firmato un contratto biennale, fino al 2025. La sua posizione è solida, ma inevitabilmente, considerato anche il suo carattere non proprio morbido, stanno affiorando i primi segnali di nervosismo nei rapporti con i media. Una situazione fisiologica, azzerabile se il Psg intraprenderà un cammino più sicuro, ma i confini tra il bene e il male nel calcio sono sempre sottili. Secondo alcuni abituali frequentatori delle conferenze stampa, Luis Enrique mostra i primi segnali di disagio di fronte alle critiche. I titoli e le analisi di queste ore non sono sicuramente graditi, ma questa è la minestra da mangiare quando si guida una corazzata come quella parigina. Paradossalmente, la partenza di Messi, Neymar e Verratti ha impoverito la batteria di nomi sui quali scatenare le penne – e le voci – quando le cose vanno male. Tolto Mbappé, sacra reliquia parigina, restano Luis Enrique e, in parte, Marquinhos e Donnarumma. L’allenatore è innegabilmente l’obiettivo numero uno del fuoco critico: è il prezzo del nuovo progetto.