Cronaca

Campi Flegrei, due nuove scosse e cosa dicono gli esperti sul rischio eruzione

Due nuove scosse di terremoto nella zona dei Campi Flegrei sono state avvertite distintamente a Pozzuoli, Bacoli e nella parte ovest di Napoli. I due sismi, in sequenza, si sono verificati alle 11. La scossa più forte ha avuto una magnitudo 3, l’altra invece è stata di magnitudo 2.5. I due terremoti – stando ai dati dell’Ingv – hanno avuto luogo a una profondità di un chilometro. La Protezione civile comunica che dalle prime verifiche al momento non sono stati segnalati danni.

La zona dei Campi Flegrei è interessata da diverse settimane da uno sciame sismico che ha allarmato la popolazione. A causare il sollevamento del suolo e la conseguente sismicità è la forte risalita di gas e un aumento della pressione nelle acque che si trovano in profondità, nel sottosuolo, mentre non vi sono evidenze di rialita di magma verso la superficie: “La probabilità di una eruzione vulcanica è relativamente bassa”, ha spiegato l’Ingv nei suoi aggiornamenti firmati da Mauro Di Vito, Francesca Bianco e Carlo Doglioni.

Da millenni l’area dei Campi Flegrei è caratterizzata da un’intensa attività sismica e a testimoniarlo sono i tanti periodi di sismicità e sollevamenti del territorio, come nel quadriennio 1969-1972 e nel triennio 1982-84 e ora con una nuova fase iniziata nel 2005 che ha portato a un sollevamento graduale del terreno di 113 centimetri e di attività sismica con eventi di rilievo come quello del 7 settembre 2023, con una magnitudo di 3.8.

“Gli ultimi sciami sismici – spiegano i ricercatori – dimostrano come il fenomeno non mostri cambiamenti sostanziali, seppure avvenga con pulsazioni che si ripetono nel tempo. La causa del sollevamento del suolo e quindi della sismicità può essere dovuta a una forte risalita di gas e una maggiore pressurizzazione del sistema idrotermale profondo”. Una quantità di gas in risalita definita ragguardevole e che solo nell’area di Solfatare-Pisciarelli registra una media 3.000 tonnellate di CO2 al giorno.

L’intera area è soggetta da anni a un continuo monitoraggio attraverso varie tipologie di strumenti e nessuno dei dati – tra sismici, geochimici, deformazioni del suolo, variazioni termiche superficiali e in pozzo, variazioni gravimetriche – fornisce indicazioni su una possibile rialita di magma verso la superficie. Proprio per questo, affermano gli autori, “attualmente la probabilità di una eruzione vulcanica è relativamente bassa”. Tuttavia – ricordano – il vulcano “ha la sua inarrestabile naturale evoluzione e, prima o poi, tornerà a eruttare”.