Ugo Intini ha pubblicato l’anno scorso un libro, Testimoni di un secolo, che secondo me avrebbe meritato una maggiore attenzione. In realtà il libro avrebbe potuto avere come titolo “Testimoni di un paio di secoli”. Intini, che oggi ha 82 anni, è entrato giovanissimo, a 19 anni, all’Avanti! di Milano e ha conosciuto dalla viva voce di socialisti nati ai primi del Novecento fatti, a volte importanti altre curiosi, dell’Ottocento.
Secondo Intini fu Mussolini a salvare Nenni, col quale aveva un antico rapporto cominciato quando entrambi erano esuli in Francia. Fu Ugo a pormi l’indovinello: “Nel 1922 ci sono due uomini che camminano fianco a fianco sulla Croisette a Cannes. Sai chi sono? Sono Pietro Nenni e Benito Mussolini”. Come Mussolini salvò Nenni? Secondo fonti molto attendibili, raccolte da Intini, Nenni catturato dai tedeschi era stato condannato a morte. Hitler acconsentì a rimandarlo in Italia, ma con una lettera personale a Mussolini ne chiedeva l’immediata fucilazione. Nel dopoguerra Nenni restituì il favore. È opera sua se dopo la Liberazione, in quegli anni di vendette trasversali, né Rachele Mussolini né Edda Ciano né i figli di Benito furono mai toccati. A questo proposito è interessante leggere il libro pubblicato nel 1969 di Romano Mussolini, divenuto nel frattempo un apprezzato jazzista seguendo certe inclinazioni che erano anche di suo padre, Apologia di mio padre.
Nel libro Intini usa la mano leggera nei confronti di Sandro Pertini, altro “grande vecchio” del socialismo italiano. A me ha invece raccontato questa storia: i partigiani in Liguria catturano un giovane fascista ma se lo lasciano scappare, arriva furibondo Pertini che chiede la fucilazione immediata dei partigiani che avrebbero dovuto custodire il fascista. Naturalmente i partigiani non fanno nulla, aspettano solo che il violento rompicoglioni se ne sia andato. Del resto per sapere che Pertini era un violento e un cretino non è necessario ricorrere ai racconti di Intini, basta andare a Stella, dove è nato, per capire che era odiatissimo. Questo per dire l’enorme distanza non solo politica e culturale, ma anche umana che c’era fra i due uomini.
Ugo Intini è stato anche direttore de Il Lavoro di Genova. Si potrebbe dire che oltre a essere uno dei pochissimi socialisti, insieme a Rino Formica, a non aver rubato, è stato anche uno dei pochi socialisti ad aver lavorato. È stato Intini il primo a darmi una caratura da editorialista proprio su Il Lavoro con una rubrica intitolata Contropiede. Durante il sequestro di Aldo Moro scrissi uno spinosissimo articolo che Intini titolò “Aldo Moro, statista insigne o pover’uomo?”. “Sei stato molto duro con Moro” disse, ma pubblicò. Del resto Moro non piaceva nemmeno a Bettino Craxi. Posso dire con certezza che spesso Ugo non condivideva le opinioni e le decisioni di Craxi, ma le eseguiva con un ubbidienza sabauda.
Piene di spunti sono le pagine che Intini dedica a Ghiringhelli, a Remigio Paone e, a seguire, ad altri protagonisti del teatro, Scala in testa, e dello spettacolo, tutti socialisti a dire di Intini perché per lui, per un atto di fede verso il socialismo che considero commovente, tutti sono socialisti o ex socialisti o futuri socialisti.
Ghiringhelli. “Capelli bianchissimi e folti nonostante l’età, occhi chiari, pallido e piccolino, lo ricordo ‘in divisa’. Quella del giorno era un doppio petto gessato a righe (blu, grigio chiaro o grigio scuro a seconda dell’umore). Se non avesse mostrato un viso gentile, poteva sembrare Al Capone. La divisa da sera era naturalmente lo smoking (sempre rigorosamente doppio petto). Che, in contrasto con il nero, faceva sembrare ancor più bianchi il viso e i capelli… Ghiringhelli ascoltava, sopiva, mediava. Sempre garbato e mite con le persone, ma fermissimo negli obiettivi. Si occupava dei divi, certo, ma anche dello staff… tutto vedeva con sguardo al laser e tutto organizzava. Pronto persino a rassicurare chi fosse colto da un attacco di timor panico (e succedeva spesso) al momento di andare in scena”.
Il nome di Ghiringhelli si lega ovviamente a quello di Paolo Grassi che fu direttore della Scala, ma non solo. Da Grassi origina un nuovo modo di vedere lo spettacolo – non più avanspettacolo – da cui avrà origine la filiera degli Svampa, de I gatti di via dei miracoli, degli Jannacci, dei Gaber, sino a Renato Pozzetto, Cochi e Abatantuono.
Intini è stato anche Viceministro degli Esteri e quindi, grazie anche al sodalizio con Nenni, ha una notevole esperienza internazionale spalmata su tanti anni di vita. Da qui una serie di incontri con personaggi del calibro di Pelikan, Jaruzelski, Sacharov, Ceausescu, Kim Il-sung, Hoxha, Alia, naturalmente Willy Brandt, Peres, Arafat.
Interessante, perché molto attuale, è una confidenza che Nenni fa a Intini a metà degli anni Settanta: “La Costituzione ha superato brillantemente questi trent’anni. Ma ogni Costituzione esprime sul terreno giuridico le realtà che si vanno creando nei vari Paesi. E non c’è dubbio che si vanno creando in Italia condizioni che dovranno trovare la loro espressione giuridica in un testo rivisto”. Dopo il crollo del PSI Intini partecipa alla fondazione dei Socialisti Democratici Italiani insieme ad Enrico Boselli nel 1998, dove viene rieletto deputato alla Camera alle elezioni politiche del 2001 nel collegio di Genova-Sampierdarena. Nel 2005 è tra i promotori del nuovo progetto radical-socialista: è capolista in tutti i collegi del Senato per la Rosa nel Pugno nelle elezioni politiche del 2006, insieme a Marco Pannella. Ha fatto parte del governo Prodi II dal 2006 al 2008. Ha poi aderito al rinato Partito Socialista Italiano nel 2007.
Come si può osservare Ugo Intini è un vero socialista, ma con venature liberali, libertarie, radicali. Non per nulla, nonostante le offerte, non ha mai voluto entrare, a differenza della mia amica Stefania Craxi, in Forza Italia, perché un socialista può stare con chiunque tranne che con i campioni del turbocapitalismo.