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La Spagna ci dimostra che per vincere bisogna parlare al cervello del popolo. Altro che in Italia

I risultati delle elezioni politiche spagnole di domenica scorsa appaiono ben più confortanti del previsto, registrando una limitata affermazione della destra del Pp e una netta alquanto rovinosa battuta d’arresto di quella neofranchista e meloniana di Vox. E un’altra sorpresa in positivo è poi costituita dal buon risultato della vera sinistra di Sumar, la formazione diretta dalla ministra del Lavoro Yolanda Diaz.

Ora l’unico governo possibile, dati parlamentari alla mano, è quello formato da Psoe e Sumar, con l’appoggio delle varie formazioni autonomiste di Catalogna, Paesi Baschi, Galizia e Isole Canarie. Tale coalizione disporrebbe infatti di 180 seggi su 350.

Si tratta di un’ipotesi più che praticabile, che ha come unica alternativa un nuovo ricorso alle urne da qui a qualche mese. Occorre invece che sia sbarrata la porta a ogni tentativo di governo delle destre sia nella forma di monocolore minoritario del Pp, sia a maggior ragione di coalizione, altrettanto minoritaria, tra i neofranchisti moderati che fanno capo a tale partito e quelli estremisti raggruppati sotto le bandiere razziste e omofobe di Vox.

Si tratta, in entrambi i casi, di riaffermare e qualificare ulteriormente il programma della coalizione di sinistra, imperniato sull’affermazione parallela e complementare dei diritti sociali e di quelli civili. Un programma che vede da un lato la lotta contro la precarietà e per il salario minimo e dall’altro quella per i diritti delle donne e quelli dei migranti e delle persone Lgbt. E ovviamente il rafforzamento delle misure a tutela dell’ambiente e contro il cambiamento climatico, fenomeno che, come ci dimostra la tragica e torrida realtà di tutti i giorni, specie in Italia, colpisce soprattutto i settori più poveri della popolazione, coloro che non possono permettersi l’aria condizionata e sono costretti a lavorare come bestie in queste condizioni disumane fino a rimetterci in taluni casi la vita, nonostante le destre ignoranti e trogloditiche si ostinino ad affermare che l’ambiente è una roba da ricchi e che siamo di fronte alla solita normalità estiva (vedi le indecenti banalità spiattellate da Feltri, Giambruno & C. a beneficio della vergognosa indolenza governativa in materia).

La prima cosa che ci dimostra la Spagna è che per arginare e sconfiggere le destre è necessaria maggiore radicalità su tutti i piani, in chiara negazione delle strategie fallimentari di “pensatori” alla Renzi che predicano moderazione candidandosi all’improbabile ruolo di Feijóo del futuro.

Oltre che estendere e qualificare maggiormente la propria piattaforma in tema di diritti sociali e civili, la coalizione di sinistra è chiamata a dare risposte precise e convincenti alle forze indipendentiste, sia di sinistra che di centro, consolidando le autonomie storiche di Catalogna, Paesi Baschi, Galizia e Canarie e procedendo immediatamente all’amnistia generalizzata per gli ingiustificabili reati d’opinione che hanno colpito, a volte con pesanti pene detentive, leader e militanti di tali forze.

Sarà inoltre necessario, specie di fronte al disperante incancrenirsi del conflitto ucraino, un maggiore coraggio sul piano delle scelte di politica internazionale, fungendo da punto di riferimento per tutti coloro che vorrebbero una nuova Europa finalmente emancipata dai diktat di Nato e Stati Uniti.

Quello che le elezioni spagnole ci dimostrano insomma è che per vincere, battendo le destre oscene del patriarcato, del razzismo e dell’impresa al di sopra della legge, ci vuole un’identità in grado di parlare al cervello, al cuore e ai visceri del popolo. L’esatto contrario insomma di quello che siamo riusciti a fare in Italia, dove perfino la nuova sinistra intossicata dalle ripetute sconfitte guarda con invidia e sospetto alla Spagna come a chiunque non ruzzoli nella polvere umiliante della sconfitta, quasi che un carattere irrinunciabile della sinistra debba essere l’attitudine a perdere, raccogliendo l’adesione sempre più fragile di settori sempre più ristretti della popolazione.

Sono convinto che, se in Italia, ma il discorso può essere esteso a tutta l’Europa, versiamo in una situazione come l’attuale, la colpa non è tanto delle destre che fanno il loro sporco mestiere e rappresentano al meglio i propri interessi e quelli dei settori di classe dominante che di esse si avvalgono, ma di “sinistre” incapaci e immature, dalla confusionaria Schlein, alla galassia di partitini narcisisti e settari incapaci di parlare alle masse e di raccoglierne il consenso pur nel contesto dell’attuale catastrofica crisi del capitalismo che stiamo vivendo. Occorre sperare che la resistenza della sinistra spagnola sia foriera di successi e prima ancora di fecondi ripensamenti non solo per loro ma anche per noi.