Cultura

Per il giudice c’erano 8 falsi Modigliani alla mostra di Genova. Ma assolve tutti gli imputati. Sgarbi scatenato contro le “perite inadeguate”

Una natura morta, un ritratto di una Kiki (de Montparnasse probabilmente), un altro di Moïse Kisling, un altro ancora dell’astrologo Conrad Moricand. Chissà che valore artistico e soprattutto economico avrebbero avuto questi quadri se davvero fossero stati firmati da Amedeo Modigliani e dallo stesso Moïse suo amico. E invece no, ha decretato oggi il tribunale di Genova: 8 di 21 opere installate a una mostra di Palazzo Ducale a Genova del 2017 sono false. Il giudice penale, nonostante la dichiarazione di falsità dei dipinti, ha assolto i 6 imputati che erano finiti a processo per truffa, falso e contraffazione di opere. Cadono tutte le accuse, dunque, nei confronti Massimo Zelman, Nicolò Sponzilli e Rosa Fasan, rispettivamente presidente, curatore e dipendente di Mondo Mostre Skira (società che organizzò l’esposizione), il curatore della mostra Rudy Chiappini, Joseph Guttman, mediatore originario dell’Ungheria con base a New York e proprietario di molte delle opere sequestrate che peraltro nel frattempo è morto e Pietro Pedrazzini, scultore svizzero, proprietario di un Ritratto di Chaïm Soutine che agli occhi degli investigatori piazzò come autentico pur sapendolo finto. Il giudice Massimo Deplano ha assolto i sei imputati perché “il fatto non sussiste” e “perché il fatto non costituisce reato”. Le tele saranno restituite ai proprietari ma per quelle considerate false ci sarà una apposita dicitura.

“Dell’iniziale impianto accusatorio non è rimasto in piedi praticamente nulla – rivendica Massimo Sterpi, l’avvocato che insieme al collega Massimo Boggio ha difeso Guttman. “Leggeremo le motivazioni per capire cosa ha ritenuto il giudice sulle opere ritenute false” aggiunge. Sterpi e Boggio – nelle loro conclusioni prima della sentenza – avevano chiesto di assolvere Guttman nonostante il mercante d’arte sia morto proprio 4 giorni fa a New York “per onorare la sua memoria e ricostruire la sua reputazione”. “Se pensate che il curatore della mostra, l’organizzatore della mostra e tutti i prestatori sono stati assolti – prosegue Sterpi – allora la mostra era assolutamente legittima e al massimo c’era una questione di attribuzione di quadri a doppia mano ma questa è una tipica questione che si discute tra i critici d”arte e non in un tribunale mettendoci cinque anni per arrivare a una decisione del genere”. La decisione del tribunale non convince da parte sua il procuratore aggiunto Paolo D’Ovidio. “È dimostrato che alcune opere erano false. Sull’elemento soggettivo, cioè sulla consapevolezza, non pensiamo sia così, ma vedremo le motivazioni”. Al termine della sua requisitoria aveva chiesto pene da 6 mesi (per uno dei proprietari dei quadri contestati) a 6 anni (per il curatore). Nel processo si costituirono parti civili Palazzo Ducale e tre associazioni di consumatori.

Per esattezza le opere ritenute false dal giudice di Genova sono Cariatide Rossa/Les Epoux (Modigliani 1913, olio su tela); Giovane donna seduta, Kiki (Kisling 1924 – 26 circa, olio su tela); L’Atelier di Moise Kisling (Kisling e Modigliani, relativamente alle sole parti attribuite a Modigliani, 1918 circa, olio su tela); Cariatide (Modigliani 1914, tempera su carta); Ritratto femminile (Modigliani, 1917, dipinto a olio); Ritratto di Moricand (Modigliani, 1915, olio su tela) e Natura morta con ritratto di Moise Kisling (Modigliani/Kisling, 1918 circa, olio su tela).

I dipinti sequestrati mentre la mostra era in corso nel 2017 erano 21, un terzo di quelle esposte. Gli accertamenti scattarono dopo la denuncia del critico d’arte Carlo Pepi su segnalazione di un visitatore. Secondo gli investigatori, attraverso l’esposizione alla mostra si voleva rendere autentiche delle opere false in modo tale da acquisire una maggiore quotazione e rivenderle a prezzi stellari nel centenario (caduto nel 2020) della morte dell’artista di Livorno. Durante il processo tra gli altri sono stati sentiti gli esperti del Ris dei carabinieri che in aula hanno spiegato che “in alcune opere sequestrate alla mostra di palazzo Ducale sono state trovate tracce di Bianco di titanio”, materiale diffuso dopo la seconda guerra mondiale, e “dunque non riconducibile all’epoca in cui dipinse Modigliani”, come spiegato dalla capitana dei carabinieri Livia Lombardi. Per le difese si tratterebbe di una presenza legata ai restauri.

Continua a protestare per il processo Vittorio Sgarbi, che nel frattempo è tornato a ricoprire il ruolo di sottosegretario alla Cultura e difende Guttmann e Chiappini, “studiosi seri e persone per bene” tenute “per anni sotto scacco e infamate” dice. “Oggi possiamo dire che il pm si era avvalso degli unici falsi della vicenda: cioè i cosiddetti ‘esperti dei tribunali’, le due inadeguate perite prive di competenze specifiche che avevano vaneggiato opponendosi a collezionisti ed esperti autentici” spiega Sgarbi. “Il falso processo basato su false perizie – conclude – ha costituito un danno per il comune di Genova e la sua credibilità. Spero che Palazzo Ducale adesso chieda i danni d’immagine”.

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Nella foto in alto – Il cartellone della mostra del 2017 a Palazzo Ducale e l’artista livornese Amedeo Modigliani (1884-1920)