Cinema

Indiana Jones 5, la critica internazionale contro il mito dell’archeologo più famoso del cinema?

Indiana Jones 5 a Cannes fa il pieno di critiche non proprio entusiaste. Sfogliando la stampa internazionale accreditata sulla Croisette per cercare un recensore entusiasta bisogna, come al solito, leggere Peter Bradshaw sul Guardian. “Indiana Jones ha ancora una certa classe della vecchia scuola”, spiega Bradshaw sottolineando l’ “ingegnosità narrativa” e “il finale divertente” del film diretto da James Mangold e interpretato, tra gli altri, da Harrison Ford e Phoebe Waller-Bridge.

Ford, peraltro, è stato acclamato a prescindere (e ci mancherebbe) dalla folla e in sala nonostante la freddezza e il distacco – i quotidiani parlano di “ovazione tiepida” a fine proiezione – con cui il film è stato accolto dagli addetti ai lavori. Nella home page di Variety mettono subito le cose in chiaro piazzando nel richiamo sotto al titolo come “l’epopea d’azione di James Mangold sia realizzata nello stile di Steven Spielberg, ma l’euforia sia svanita”. Dopo aver inevitabilmente elogiato l’ovvio, cioè che Spielberg e Lucas hanno “introdotto il DNA strutturale di una macchina di evasione per un film d’azione come set senza fine”, il recensore Owen Gleibermann spiega che Indiana Jones e il quadrante del destino “non arriva solo dopo quattro film precedenti di Indiana Jones, ma dopo quattro decenni di costosa decadenza dell’action hollywoodiano, modello Fast and Furious, Mission Impossible, Terminatori”.

Insomma c’è poco da fare: la formula è usurata. E nonostante l’idea buona di mettere in scena Indy 80enne, cioè di fondere realismo interpretativo a contemporaneità del tempo del narrato, al film manca “il brivido della scena dell’avventura del passato”. David Rooney su Hollywood Reporter mostra poco apprezzamento per la scrittura del film (“sembra scritto da un comitato di sceneggiatori”) poi chiosa evidenziando: “Ciò che offusca il godimento di questo capitolo conclusivo è proprio quanto il tutto sembri palesemente falso”. Chiudiamo, infine, con il Telegraph che assegna due stelle su cinque e un titolo inequivocabile: “Una squallida contraffazione di un tesoro inestimabile”.