Giustizia & Impunità

Uccise il marito che la maltrattava, il processo viene sospeso e finisce davanti alla Corte costituzionale

Ancora una volta, la seconda volta in pochi giorni, la Corte di assise di appello di Torino solleva una questione di legittimità costituzionale della norma che impedisce di concedere la prevalenza di una serie di attenuanti a chi, esasperato dalle violenze subite in famiglia, ha una reazione che sfocia in un omicidio. Il caso di oggi è quello di una donna, Agostina Barbieri, che del luglio del 2021 uccise il marito, Luciano Giacobone, a Borghetto Borbera (Alessandria). In primo grado, dopo il riconoscimento della legittima difesa putativa, le fu inflitta una condanna a quattro anni e dieci mesi di reclusione. La scorsa settimana i giudici avevano sollevato una questione analoga nel corso del processo ad Alex Pompa, il 22enne di Collegno (Torino) che nel 2020 uccise il padre per difendere la madre nel corso dell’ennesima lite.

Nel caso Barbieri, la Procura generale, rappresentata in aula da Sabrina Noce, e l’avvocato difensore, Lorenzo Repetti, avevano concordato una pena di 6 anni, due mesi e 20 giorni con l’applicazione dell’attenuante di aver agito per particolari motivi di valore morale. Con le norme in vigore, introdotte dal cosiddetto Codice rosso, non è possibile concedere la prevalenza delle attenuanti generiche e dell’attenuante della provocazione (e quindi una condanna più bassa) rispetto all’aggravante del vincolo di parentela: da qui la decisione dei giudici torinesi di trasmettere le carte alla Corte costituzionale e di sospendere il processo.