Ambiente & Veleni

Inchiesta rifiuti dalle concerie, le cosiddette autorità sono ancora al loro posto

Faccio seguito al mio reportage toscano a cui hanno collaborato Legambiente, comitati locali e membri dell’opposizione alla Regione. Il Keu è un residuo di produzione derivato dal trattamento dei fanghi che contengono gli scarti della concia delle pelli; è tossico, per via delle componenti cancerogene quali cromo esavalente, arsenico e selenio; una contaminazione che caratterizza la Toscana, causata dalle attività dell’industria della concia. Questo settore ha beneficiato di un exploit internazionale, non solo per la produzione di calzature in pelle e cuoio, ma anche e soprattutto per i suoi legami milionari con la moda.

L’Associazione Conciatori riunisce 150 concerie che impiegano circa 5000 operai, disseminate nei Comuni di Castelfranco di Sotto, Montopoli in Val d’Arno, Santa Croce sull’Arno, Santa Maria a Monte e San Miniato nella provincia di Pisa oltre a Fucecchio in quella di Firenze; rappresenta una vera e propria lobby che ha finanziato giornali, partiti e le loro campagne elettorali, tra cui le più clamorose furono quelle relative all’elezione dei due presidenti di regione che si alternarono dal 2010 al 2020: Enrico Rossi e Eugenio Giani, Pd, attualmente in carica. Ciò fu evidenziato dai rendiconti elettorali resi obbligatori dalla Spazzacorrotti.

Lo sconcio della Concia

Tutto ciò venne appurato nell’inchiesta Calatruria (che vide iscritto nel registro degli indagati anche Giani, prosciolto dopo pochi giorni) che si concluse con “26 indagati tra imprenditori, sindaci e amministratori per associazione a delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti e inquinamento ambientale, corruzione in materia elettorale e indebita erogazione di fondi pubblici, falso e ostacoli ai controlli da parte degli organi preposti” in particolare nei confronti dell’Arpat, l’agenzia di controllo ambientale, che dal 2009, dopo un decreto ad hoc, era passata sotto le dipendenze della Regione, in seguito alle pressioni del Consorzio Conciatori che non gradiva l’accesso degli ispettori al depuratore Acquarno, preposto al trattamento del Keu durante le operazioni. Conciatori gratificati poi da un successivo emendamento annunciato da Giani proprio nell’anno del suo insediamento.

La punta dell’iceberg era nell’azione criminosa dell’imprenditore Lerose, uomo della ‘ndrangheta legato alla cosca Gallace. L’inchiesta appurò che il Lerose aveva preso in carico dai conciatori a prezzi ridicoli i rifiuti tossici per smaltirli nelle sue discariche: Gello a Pontedera e Bucine in provincia di Arezzo, riciclando il Keu con altri scarti ai fini di produrre materiali di riempimento per cantieri e fondi stradali. 13 siti vennero così inquinati: zone residenziali come il Green Park di Pontedera in pieno centro abitato accanto allo stadio, circondato da scuole e palestre, la Regionale 429 che da Empoli collega Firenze – mettendo a rischio i pozzi vicini che forniscono acqua ai residenti in assenza di acquedotto – e il Comune di Crespina e Lorenzana. Qui tale porcheria è finita addirittura nelle tracce dell’acquedotto.

I terreni dell’aeroporto militare di Pisa sono gli unici finora a essere stati bonificati. Per il resto, Comuni e Regione fanno a gara nel procrastinare gli interventi, addossando la colpa ai proprietari dei terreni, che però di recente il Tar ha sollevato da ogni responsabilità, essendo loro stessi parte lesa di tale schema mafioso. Dopo la sentenza del Tar, il Comune di Pontedera si è appellato al Consiglio di Stato, mentre la Regione si è costituita parte civile. Contro chi non si capisce, dal momento che non spetta ai privati riqualificare il territorio. Si continua a prendere (e perdere) tempo. Intanto i siti sono lasciati in stato pietoso, senza controlli e con fatiscenti messe in sicurezza. Lo abbiamo constatato proprio a Pontedera, dove nel cantiere Green Park molte reti di protezione sono squarciate e i teloni che coprono la terra contaminata in parte lacerati. Le immagini parlano da sole.

Ma la parte più consistente dell’iceberg è sempre sommersa. E il bubbone esploso da poco ha rivelato dettagli significativi a riguardo: dall’Università di Pisa, lo studio tardivo sul rifiuto tossico ha individuato che il cromo trivalente contenuto nel Keu, a contatto con l’acqua, subisce un mutamento causato dall’ossidazione, diventando esavalente, cioè si trasforma in una delle sostanze più cancerogene in assoluto.

“Il Keu contiene cromo nella forma trivalente al momento della produzione; successivamente il cromo trivalente del CrOOH – in presenza di ossigeno atmosferico e in condizioni alcaline – si ossida ad esavalente; in questo stadio, il CrOOH presente è responsabile della mutazione del Keu da materiale inerte a sorgente di cromo esavalente”. Il passaggio-chiave è proprio questo: il Keu diventa cancerogeno perché la resa inerte durante la produzione è solo temporanea e la mutazione può avvenire proprio una volta immesso nel materiale di riempimento, in presenza di condizioni atmosferiche avverse, quali piogge e umidità. E nella Valdera avvelenata, dopo le estati solitamente torride, in autunno piogge e intemperie infieriscono, favorendo così la penetrazione del percolato nelle falde acquifere.

Inoltre, secondo il testimone-chiave Melley e le inchieste della stampa locale, gli ispettori Arpat sarebbero stati ammessi solo nella fase di caricamento del materiale nel depuratore e dopo il rilascio, ma non durante la fase di trattamento; quelli troppo zelanti venivano rimossi.

Conclusioni

Tutte le cosiddette autorità sono rimaste al loro posto, pur essendo state coinvolte nell’indagine: la sindaca dem di Santa Croce sull’Arno Giulia Deidda, indagata per associazione a delinquere, è ancora in carica; Eugenio Giani non solo è sempre presidente, ma nel 2021 in piena inchiesta ha designato, imperturbabile, per le cariche più alte preposte al controllo ambientale due personaggi di sua fiducia, l’assessora all’ambiente Monia Monni e persino il nuovo direttore generale Arpat Pietro Rubellini; cioè il capo dell’agenzia regionale più importante ai fini di un controllo ambientale super partes è stato scelto da un presidente di Regione la cui campagna elettorale è stata finanziata da coloro che Arpat dovrebbe controllare.

Non basta: l’ex direttore, Marcello Mossa Verre, che era stato oggetto di pressione e minacce per la scelta degli ispettori “giusti”, è ora direttore tecnico, cioè proprio la carica preposta a designare costoro. Se non è conflitto d’interesse questo, trovatemi voi un termine più consono, io non ci riesco.

(Foto d’apertura: gentile concessione No Valdera Avvelenata)