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Meloni approva l’idea di Londra di mandare in Ruanda i richiedenti asilo: ‘Non si può accogliere chi arriva illegalmente’

Un memorandum fatto di “15 pagine di impegni molto chiari, decisi”, fino ad allora cercato da due governi ma mai concluso. Un bilaterale “durato un’ora e mezza”, dal quale è emerso “un ottimo feeling tra di noi, una voglia di lavorare insieme su molti fronti”, e si è parlato di tutto, anche degli acquisti di olio al tartufo che fa la moglie di Rishi Sunak. La premier italiana Giorgia Meloni traccia un bilancio più che positivo dell’incontro avvenuto col premier britannico, mentre davanti alla cancellata di Downing Street. Una ventina di attivisti gridavano “Meloni fascista” e “Meloni out, refugees in”. E proprio il tema migrazione è stato uno dei principali argomenti toccati dai due leader, e la presidente del Consiglio ha fatto sapere di condividere appieno la linea del governo britannico, inclusa l’idea di mandare in Ruanda i richiedenti asilo in attesa delle verifiche: “Noi dobbiamo fare i conti con il fatto che noi non possiamo accogliere tutti quelli che illegalmente arrivano da noi e quindi vanno cercate delle soluzioni”, ha detto rientrando in albergo dopo la prima giornata londinese. “Con le garanzie necessarie, di rispetto dei diritti umani, di attenzione, di sostentamento economico, che cosa viene contestato? – chiede ai cronisti che la incalzano sul dossier – Il Ruanda è considerata una nazione inadeguata, perché sta in Africa?”. La proposta del governo inglese è di spostarli “in attesa di valutare la loro richiesta d’asilo, io da tempo propongo che si aprano degli hot spot in Nord Africa, che si valuti con la comunità internazionale chi ha diritto a essere rifugiato e chi no e quindi non ci vedo niente di male. Credo che sia anche sbagliato dare il segnale come se quando parliamo di Paesi africani stessimo parlando di Paesi che non hanno rispetto e diritti fondamentali e invece non è così”. Bisogna anzi sostenerli. Però dire che chiunque voglia entrare illegalmente noi lo dobbiamo accogliere lo contestavo prima e lo contesto adesso. Per cui chi trova soluzioni che rispettano lo stato di diritto, , che rispettano le regole umanitarie necessarie le trovo tutte iniziative utili”.

Ad intralciare la missione a Londra quello che stava accadendo nel Parlamento italiano, visto che il centrodestra è andato completamente nel caos dopo che la Camera non è riuscita ad approvare lo scostamento di Bilancio. Lei è a colloquio con Sunak, come da programma, da meno di mezz’ora, quando da Roma arrivano le notizie di quell’inciampo che proprio non ci voleva: mancano i numeri e la risoluzione che libera i 3,5 miliardi di scostamento non passa. La linea tra Londra e Roma è rovente. La premier, come racconta lei stessa appena rientrata in albergo, visibilmente toccata da quello che definisce un “incidente di percorso”, sente il sottosegretario Alfredo Mantovano e il ministro Giancarlo Giorgetti, che è nero per l’accaduto. Manda un messaggio nella chat interna di Fratelli d’Italia, “io non ho parole”. Tranchant. Nessuna risposta dei parlamentari. Bisogna serrare i ranghi, ognuno va richiamato alle sue “responsabilità” il messaggio che affida poi ai cronisti in una conversazione che è un fiume in piena.

Tornando ai risultati del primo giorno a Londra, ci tiene a sottolineare che il memorandum è “un risultato enorme”, che l’Italia non deve andare col cappello in mano da nessuno, che lo stesso Sunak riconosce al governo, come dice nelle dichiarazioni a Downing street, una gestione dei conti oculata che “dà stabilità”. Ai mercati, dice con orgoglio la premier, “si risponde coi fatti”, e i fatti al momento dicono che “i nostri fondamentali vanno meglio di nazioni considerate più solide della nostra”. Una stoccata a Bruxelles, che incalza perché Roma ratifichi il Mes (“non ho cambiato idea, è una lettera scarlatta”, va visto nell’insieme delle discussioni Ue, il ragionamento) e incassi una riforma del Patto che è sì “un passo avanti” ma ancora non tiene conto della proposta “ascoltata”, dell’Italia, quella cioè di “scorporare le spese strategiche dal rapporto deficit-Pil“. Altrimenti, per la premier, c’è “incoerenza: se ci siamo dati delle priorità, transizione verde, digitale, sostegno all’Ucraina, bisogna sostenere le nazioni che investono su quelle priorità”.

Ma la conversazione, fuori programma, è in larga parte concentrata sulle defaillance della maggioranza in Parlamento. Chi l’ha sentita a Roma parla di una premier parecchio irritata, davanti ai cronisti appare molto dispiaciuta. La missione è stata “terremotata”, scherza una cronista, e lei: “ditelo a me…”. Si palesa l’incubo di ogni premier, che una visita all’estero, una così cruciale, venga funestata da guai politici interni. “Sono incidenti di percorso che ho visto tante volte” cerca di arginare l’accaduto la premier, per poi virare sui punti forti della visita.