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Salvini sogna gli appalti a km 0 ma la Corte costituzionale li ha già bocciati due volte

Alla fine Matteo Salvini ce l’ha fatta a far approvare un nuovo codice degli appalti che contiene criteri premiali per le imprese che hanno sede nel territorio interessato all’opera. L’impalcatura del nuovo codice, che dovrebbe velocizzare la capacità di spesa del Pnrr in crisi in realtà non è un codice semplificatorio ma una vera e propria deregulation che avrà conseguenze dannose come togliere il semaforo ad un incrocio.

L’articolato si poggia su norme e principi in contrasto con le norme comunitarie sulla concorrenza, mortifica la trasparenza amministrativa sacrifica la qualità della spesa e fa schizzare in alto i costi delle opere. Era il 2013 quando l’attuale ministro delle Infrastrutture, a proposito dell’arresto del vice segretario della Lega Lancini e sindaco di Adro (Bs) accusato di aver truccato un appalto, diceva: “Oscar Lancini da buon leghista ha sempre lavorato per favorire la gente del posto. In Lombardia sarebbe sano che lavorassero imprese lombarde sia per la tutela dell’ambiente sia del lavoro”, per poi aggiungere “purtroppo l’Europa va assolutamente in direzione opposta”.

Proprio così l’Europa assieme al Pnrr aveva chiesto anche l’approvazione di una legge sulla concorrenza che non è ancora stata approvata. La norma sul km zero contenuta nel codice appalti è stata approvata dal governo nonostante per ben due volte la Corte Costituzionale si fosse già espressa nel 2020 sull’illegittimità di una legge regionale della Toscana (“Disposizioni per la qualità del lavoro e per la valorizzazione della buona impresa negli appalti di lavori, forniture e servizi”) di riservare un trattamento di favore per le micro, piccole e medie imprese radicate nel territorio, in quanto, consentendo una riserva di partecipazione, altera la par condicio fra gli operatori economici interessati all’appalto.

Nel 2021 la Suprema Corte pronunciò un ennesimo no al principio di territorialità negli appalti pubblici con una nuova sentenza di censura in questo caso verso una norma regionale che riservava il 50% dei prodotti per le mense scolastiche “a chilometri zero” prodotti nella sola Toscana. Ciò in quanto verrebbero discriminate quelle attività che pur assicurando la stessa distanza o una distanza minore dal luogo di consumo si trovano non lontano dai confini della Toscana. Una scelta in palese contrasto con il principio di libera circolazione delle merci sancito sia dalla Costituzione che dalla direttiva comunitaria n. 24 (cosiddetto Codice Europeo). Tale pronuncia va inquadrata nell’ambito di una filosofia assunta dalla Corte Costituzionale proprio a tutela dei principi interni e comunitari della concorrenza, di libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi.

La Corte aveva ribadito così, ancora una volta, l’illegittimità delle norme idonee a limitare la concorrenza favorendo la imprese locali o regionali nella partecipazione agli appalti pubblici quelle che piacciono tanto a Salvini. Se poi si aggiungono gli affidamenti diretti (trattive private) fino a 5,3 milioni di euro e il fumoso “dissenso costruttivo”, l’appalto integrato (le imprese potranno cantarsela e suonarsela) e niente colpa grave per i funzionari che hanno firnmato. Ora questo codice (una controriforma) dovrà fare i conti anche con la Corte Costituzionale, oltre che con la Commissione Europea, dall’Anac, dalle imprese e dalle opposizione. Così il Pnrr è ancora più a rischio, altro che accelerazione.