Diritti

Il problema non è lasciare il bimbo nella Culla per la vita ma rendere pubblica la scelta

Chi è stato il primo a violare la privacy di questa donna che il 9 aprile scorso nel giorno di Pasqua ha deciso di lasciare il suo bambino presso la Culla per la vita del Policlinico di Milano? Chi ha sentito il fortissimo bisogno di rendere pubblica la lettera che sempre lei avrebbe lasciato per suo figlio Enea? Chi ha deciso che Enea per tutta la sua vita futura potrà inciampare, anche per caso, in quello che gli è accaduto?

No, il problema non è l’appello del Tribunale Morale della Società verso la decisione di questa madre, non è Ezio Greggio. Il problema è chi per primo si è sentito in dovere e nel potere di rendere pubblica la scelta di questa madre e darla in pasto a stampa e tv.

Poi ci sono tutti gli altri che sono saltati sul carro del “torna indietro, fai la cosa giusta, ti aiuteremo noi”. Ah sì, perché questa è una società che aiuta, che tende la mano? No, siamo solo dei moralisti che pensano di poter dire sempre all’altro qual era la cosa giusta da fare. E chi siamo noi per dire che non è stata la cosa giusta affidare Enea in un luogo sicuro preposto per la sua adozione.

Si chiama “Culla per la vita” proprio per offrire alle donne e agli uomini (non ci dimentichiamo mai che esistono anche loro) che non se la sentono di crescere il figlio dato alla luce di affidarlo in luoghi sicuri, a personale adeguato per curarli e disporre le procedure di affido o adozione. Oppure la verità è un’altra e cioè che queste Culle per la vita servono invece per impartire alle donne la corretta morale e a tornare sulla retta via.

Caro primario, caro ospedale, se non siete stati voi i primi a raccontare all’Italia la storia di Enea e della scelta di sua madre, aiutateci a capire chi è stato. Così potremo chiedergli perché ha deciso di farlo.