Diritti

Si può regolare la gestazione per altri senza cadere in ‘mercificazione del corpo’: ecco come

La gestazione per altri – elegantemente definita anche “utero in affitto” – è tornata d’attualità. L’idea del governo è di farlo diventare un crimine internazionale.

Evelina (che non può portare avanti una gravidanza, né adottare, a causa di una malattia rara) e Michele – che hanno avuto accesso alla gravidanza per altri e con l’aiuto dell’Associazione Luca Coscioni – hanno affrontato un viaggio con posti di blocco e controlli sotto le bombe per raggiungere Kiev/Leopoli (è una storia vera!) per la nascita del loro bambino, con atto di nascita emesso dall’autorità ucraina che è stato correttamente registrato in Italia – andrebbero secondo Meloni sbattuti in galera. Ovviamente per il bene di un figlio che altrimenti in realtà senza la gestazione per altri non sarebbe mai venuto al mondo.

Altre coppie invece che hanno fatto lo stesso percorso in Puglia non hanno ottenuto la corretta registrazione dell’atto di nascita e con l’aiuto dei legali dell’Associazione Luca Coscioni hanno ottenuto tramite i tribunali la corretta trascrizione con entrambi i genitori.

Ciò che il governo (ma anche tanta parte dell’opposizione) vuole impedire è la “mercificazione del corpo”. Come tutte le buone intenzioni, quando diventano imperativi assoluti lastricano le strade dell’inferno in terra. La mercificazione del corpo è già presente nella nostra vita quotidiana, seppure relativizzata, cioè governata da regole che consentano di ridurre al minimo danni irreversibili e sfruttamento di condizioni di bisogno. Il lavoro retribuito è di per sé mercificazione del corpo (e della mente). Il lavoro usurante mercifica il corpo in modo più intenso.

Il lavoro, anche quello usurante, non è però vietato in assoluto, ma è regolato, affinché non diventi schiavitù. Il lavoro clandestino – ad esempio i raccoglitori di pomodori sotto caporalato – è al tempo stesso usurante e oggetto di sfruttamento. La differenza tra un lavoro onesto e un lavoro da schiavi la fanno le leggi, che stabiliscono tempi e modi del lavoro. La prostituzione non è nemmeno di per sé vietata – nonostante sia un atto riconducibile in modo ancora più evidente al concetto di “mercificazione del corpo” – ma è lo “sfruttamento della prostituzione” ad essere vietato. Di fatto, il lavoro sessuale si riesce a svolgere solo nella clandestinità, aumentando così lo sfruttamento. Regolamentare significherebbe imporre condizioni di sicurezza, obbligare ad assicurazioni e controlli sanitari.

Si può dunque immaginare un modo per regolare la gestazione per altri senza cadere in abusi, violenza, sfruttamento? Sì, dei modi ci sono, e sono contenuti nella legge dell’Associazione Luca Coscioni. Ad esempio: divieto di commercializzazione, possibilità di mero rimborso spese, limite di gravidanze per altri alle quali una donna (che già deve essere madre) si può prestare. Trattare invece allo stesso modo, da un punto di vista legislativo, la decima gravidanza per altri di fatto imposta a una donna che versa in condizioni di miseria, e la prima ed unica gravidanza per altri scelta da una donna benestante che è già madre non è un modo per ridurre le discriminazioni, ma per aumentarle.

L’appello per la gestazione per altri solidale si firma qui.