Politica

L’Italia non è la Francia: per cambiare le cose serve combattere la rassegnazione

Ultimamente ho usato spesso la parola rassegnazione per descrivere come, in Italia, si reagisca a fatti che, in Francia e in Germania, generano sollevazioni. I francesi sono diversi da noi, a quanto pare. Sono abituati a combattere “come popolo”. Hanno fatto la Rivoluzione Francese (1789) e poi la Comune di Parigi (1871), fino al maggio Francese (1968), e ora sono di nuovo per strada. L’Italia, dal canto suo, ha riunificato il paese con le sollevazioni che hanno sostenuto l’impresa dei Mille (1860-61), senza però liberarsi dalla monarchia, ma poi ha realizzato il fascismo (1922-43), in parte riscattato dalla Guerra di Liberazione (1943-45). Il pericolo di un ritorno al fascismo col governo Tambroni (1960) fu scongiurato da moti di piazza in molte città italiane (da Genova a Reggio Emilia) e, sempre a Genova, la contestazione al G8 (2001) vide scontri per le strade e episodi di tortura. La parentesi del terrorismo brigatista, iniziato nel 1970, non ebbe grande seguito di piazza che, invece, dopo l’assassinio di Guido Rossa (1979) da parte delle brigate rosse, si mobilitò contro il terrorismo, negandogli legittimazione popolare.

Lo stravolgimento politico, in Italia, non avvenne nelle piazze ma nelle aule dei tribunali, nel 1992, con Tangentopoli, seguita però dal Berlusconismo (1994-oggi), una sorta di restaurazione del sistema pre-Tangentopoli: i moti di piazza furono sostituiti dalla propaganda televisiva. La reazione alla corruzione dilagante di una Tangentopoli mai finita trovò sfogo nel Movimento Cinque Stelle (2012-oggi) che, invece di usare la televisione, scese in piazza con i comizi di Beppe Grillo e usò la rete come nuovo strumento di diffusione del dissenso, senza alcun ricorso alla violenza fisica.

Grillo, se non ricordo male, disse che senza il M5S la rabbia popolare avrebbe fatto scorrere il sangue per le strade e, infatti, non si sono mai registrate violenze fisiche nelle manifestazioni dei 5S. Violenze verbali sì: mandare affanculo chi ha portato il paese sull’orlo del baratro è liberatorio, ma non basta; la ribellione verbale si è concretizzata in azione politica, ha vinto le elezioni ed è andata al governo. I professionisti della politica si sono subito coalizzati per delegittimare i 5S, dipingendoli come populisti, incapaci, scappati di casa.

Anche i 5S hanno contribuito alla propria delegittimazione. Come quando hanno chiesto il ministero della transizione ecologica, puntando sulle tecnologie senza badare all’ecologia, considerata un nemico della transizione ecologica dallo stesso ministro della transizione ecologica. I 5S sono stati una speranza contro la rassegnazione, hanno portato alle urne moltissimi non votanti e, dato che hanno fatto molto di quel che promettevano, sono stati attaccati da tutti. Prima di tutto dai loro potenziali alleati: Letta ha preferito perdere le elezioni che allearsi con loro, calandosi le braghe di fronte a Calenda che, esaminata l’offerta, ha preferito rivolgersi a Renzi, il kamikaze della politica, emulo mal riuscito di Macron.

Il disegno ha avuto successo: i 5S hanno perso i voti che erano riusciti a strappare a chi era rassegnato all’ineluttabilità del “tanto sono tutti uguali”, i non votanti sono il primo partito e vincono le destre, con una minoranza di voti rispetto ai votanti potenziali. L’incontro elettorale è stato vinto dalla squadra di destra perché nella squadra contendente i giocatori si sono messi a tirare nella propria porta. Si tratta di un capolavoro degno degli antichi maestri della guerra che, da sempre, sanno che dividere il nemico è il modo migliore per vincere le battaglie. Se poi il nemico è rassegnato e non combatte (vota) è ancora meglio.

Da sempre, i giovani reagiscono energicamente a situazioni di stress: non sono rassegnati, non hanno paura dei rischi, non sono “prudenti”. Gli anziani, di solito, li usano per combattere le loro guerre e cercano di controllarli con metodi più o meno raffinati, che vanno dalla religione, alle droghe, al consumismo, alle fake news in rete. I giovani francesi si stanno mobilitando per sostenere le rivendicazioni dei loro genitori ma, accanto alle pensioni, stanno chiedendo soluzioni per i problemi ambientali, la transizione ecologica e molto altro. Noi italiani abbiamo accettato con rassegnazione lo spostamento verso i 70 anni dell’età pensionabile, i giovani fuggono dal paese, e smettono di fare figli. La transizione ecologica che si dovrebbe realizzare con il Pnrr pare stia diventando una gara d’appalto senza appalti, e la restaurazione vede al potere il tris politico che già ci portò sul baratro del default.

Confesso che, pur con tutti i suoi limiti, la strada del M5S (vinciamo le elezioni e cambiamo le cose) mi pare di gran lunga preferibile rispetto ai moti per le strade. Il tanto vituperato Danilo Toninelli è riuscito, da ministro dei Trasporti, a ricostruire il Ponte di Genova in tempi record e, a quanto pare, senza ruberie. Giuseppe Conte ha convinto la Commissione Europea a darci i miliardi del Pnrr, quando tutti gli dicevano di prendere il Mes. Gli è stato tolto, il merito se l’è preso Mario Draghi, la cui agenda era quella di Conte, e ora è in mano a chi sta dando prova di non sapere come fare. Viviamo tempi molto interessanti.