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Antonio Maggio, da XFactor con gli Aram Quartet a oggi: ecco cosa fa. Il racconto: “Ho viaggiato tanto, tra due settimane farò un live a Buenos Aires”

A dieci anni dalla vittoria a Sanremo Giovani 2013, la vita di Antonio Maggio è cambiata, il percorso artistico si è evoluto. La popolarità è arrivata con la prima edizione di X Factor assieme agli Aram Quartet. A FqMagazine il cantautore spiega perché non si è mai arreso, tra alti e bassi

Pubblicare un album dopo nove anni vuol dire attraversare – nel mezzo – un lungo percorso artistico fatto di alti e bassi. Momenti in cui la musica ti regala gioie e soddisfazioni, altre in cui sembra che il tempo corra velocissimo sull’onda della spinta digitale e di Spotify. Col sorriso, la calma e una discreta dose di serenità, Antonio Maggio è tornato con l’Ep che porta il suo cognome. Un nuovo percorso artistico fatto di consapevolezze, maturità e in vista del secondo capitolo del progetto discografico che potrebbe segnare il ritorno sul palco del Festival di Sanremo, dove ha vinto nel Girone Giovani nel 2013.

Dall’ultimo album sono passati nove anni. Perché?
Necessità e contingenza. In questi anni ho cambiato etichetta discografica, ho fatto parte di progetti live importanti, tra i quali quello dedicato a Lucio Dalla ‘Maggio canta Dalla in jazz’ che riprenderò anche quest’anno. Mi sembrava anche fosse giunto il momento giusto, a dieci anni dalla mia vittoria delle Nuove Proposte a Sanremo.

Come mai solo sei tracce in questo Ep?
Ho cominciato a lavorare a questo disco due anni fa. Ho scritto molti pezzi, ma ho volutamente scelto di pubblicarne solo sei. Le altre canzoni rimaste fuori, che sono già pronte e prodotte, saranno pubblicate in un secondo volume. Ho voluto, quindi, pubblicare due dischi in due anni anziché uno in due anni. E poi c’è anche un’altra motivazione.

Quale?
Non togliere il giusto respiro ad ognuna di queste canzoni, nate senza nessuna regola, nel pieno di una libertà espressiva. Una scelta in controtendenza rispetto alle necessità del mondo digitale. Un cantautore ha necessità di proporre una visione ampia che non sia quella del ‘mordi e fuggi’. Non volevo far disperdere le tracce nel marasma delle offerte di Spotify. Per questo ho voluto proporre sei pezzi che fossero ben realizzati in studio e con l’ausilio dell’orchestra di 24 elementi.

“Quanto sei bella Lecce” è una dichiarazione d’amore per la tua città, come nasce?
Probabilmente ci rendiamo conto di quanto alcune cose siano importanti solo quando ci allontaniamo. Sto molto meno a Lecce perché mi divido tra Milano e l’Umbria. A Lecce ho ricordi più belli della mia infanzia e adolescenza, ho fatto lì il Liceo e l’Università. Ho voluto omaggiare la bellezza di questa città, ripescando immagini nei miei ricordi per farne una dichiarazione d’amore in piena regola.

Come mai ti dividi tra Milano e l’Umbria?
A Milano vivo per lavoro, dal momento che vi si trova quasi tutta la discografia. L’Umbria perché ho una relazione a distanza.

In “Sono simpatico” c’è un ritratto impietoso: “Sventolo il cartello al collo ‘Affittasi’ per non sentirmi un uomo tra parentesi”. A chi ti riferisci?Tratta del tema della disoccupazione ed è nata una sera mentre un mio amico, che aveva da poco perso il lavoro, si è sfogato con me. Mi raccontava della necessità di trovare velocemente una soluzione perché come padre e marito doveva occuparsi delle urgenze della sua famiglia.

Il tema del lavoro è ancora una priorità sociale?
Non sembra lo sia. Alcuni temi vanno ‘di moda’ e occupano spazi e tendenze mediatiche. Conviene tenere il tema del lavoro e del precariato sotto traccia. Un po’ come la violenza sulle donne di cui si parla solo il 25 novembre e l’8 marzo. Ma sono tutti temi urgenti, non bisogna abbassare la guardia!

Nel 2007 nascono gli Aram Quartet e con loro vinci il primo X Factor. Poi lo scioglimento nel 2010. Era un progetto in cui credevi?
Il mio inizio artistico è stato da solista. Poi è arrivata la prima grande esperienza musicale con gli Aram che è durata due anni e mezzo. Ci tengo a precisare una cosa che non è stata la Sony ha stracciare il contratto, ma la risoluzione dei rapporti è avvenuta in conseguenza al nostro scioglimento.

Come mai vi siete lasciati?
Dopo due anni di condivisione quotidiana eravamo arrivati ad un punto di saturazione e abbiamo deciso di prendere ognuno la propria strada. X Factor è stata una esperienza importante, vissuta a soli 20 anni. Mi ha permesso di prendere confidenza con l’ambiente discografico e televisivo.

Sei rimasto in contatto con i tuoi ex colleghi?
Con Michele Cortese siamo molto amici, ci sentiamo spesso e volentieri, con lui ho un buon rapporto. Ci conosciamo da ragazzini e da ben prima della formazione degli Aram.

Morgan è stato il vostro coach in quell’edizione. Lo senti ancora?
Con Marco c’è stato sempre un rapporto continuativo nel tempo e c’è una stima artistica reciproca. Per me ha rappresentato primo mentore. Negli anni ci siamo sempre confrontati e ha ascoltato il mio disco già qualche mese fa.

Oggi chi vince un talent non necessariamente ottiene successo e popolarità. Secondo te come mai?
Credo che ci sia una saturazione di proposte. Bisognerebbe dilatare l’offerta al pubblico a livello quantitativo e al talento bisogna dare modo e tempo di crescere e maturare. Proprio l’altro giorno ne parlavo con Enrico Ruggeri che mi ricordava come lui abbia avuto successo, dopo la pubblicazione di qualche disco. Oggi è impensabile: se il singolo non va bene l’etichetta discografica ti manda a casa.

Nel 2013 hai vinto Sanremo Giovani con “Mi servirebbe sapere”. Cosa è successo dopo quella vittoria?
Quella vittoria ha rappresentato il momento svolta della mia vita. Mi sono fatto conoscere in radio, ho ricevuto il disco d’oro e mi ha permesso di fare realmente quello che volevo dal punto di vista artistico: dischi, tour, ho avuto fortuna di viaggiare tanto, in giro per il mondo. Il frutto di quella esperienza è, ad esempio, il fatto che tra due settimane terrò un concerto a Buenos Aires. Insomma mi ritengo tanto fortunato, ho fatto tutto senza scendere a compromessi.

Torneresti al Festival?
Sanremo mi ha dato tantissimo è un posto in cui sono stato bene e mi sento a casa mia su quel palco. Quest’anno non mi sono presentato, ma ho ancora diverse canzoni inedite da pubblicare. Magari per il prossimo anno…

Tra alti e bassi non ti sei mai abbattuto. Dove hai trovato la forza?
Credo fortemente che la musica abbia dei tempi propri e non standardizzati. Credo che ci siano anche delle urgenze comunicative che non devono esser associate a dinamiche discografiche o di visibilità. Questo disco esce a distanza di tanto tempo proprio per questo motivo, sono orgoglioso perché è curato in ogni minimo dettaglio, nato in piena autonomia da produttori artistici e non dai discografici, senza dare adito a mode e tendenze del momento.

I tuoi ‘no’ li hai pagati nel tuo percorso artistico?
I miei ‘no’ sono stati ben accetti, non hanno rappresentato un ostacolo, anzi credo che questo disco sia stato accolto in maniera positiva. Sono veramente felice di ciò che ho seminato nel corso degli anni, mi ritengo persona collaborativa.

Cosa consiglieresti agli emergenti?
La musica è una cosa seria e bisogna ritornare a considerarla come qualcosa di importante. So di dire una cosa scontata: la musica va suonata più possibile.