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L’Europa è lontana dall’essere una comunità politica: per ripartire bisogna cambiare il sistema

È noto che i Paesi che sono stati oggetto dello strapotere sovietico e quelli che dopo la caduta dell’Urss sono oggetto dell’opprimente potenza russa anelano tutti a entrare nell’Europa. Il punto è che il passaggio dal sistema collettivista a quello capitalistico, dopo la caduta del muro di Berlino, non ha cambiato la mentalità dei poteri forti, che prima erano organi di partito e ora hanno cambiato la veste in quella di magnati economici.

Insomma si fugge dall’oppressione, ma in Europa non è che vada tutto per il meglio, poiché il principio di eguaglianza economia e sociale, fondamento della nostra Costituzione repubblicana, è stato ovunque superato dal principio della concorrenza unito a quello di una martellante propaganda che uccide sul nascere la formazione di qualsiasi reazione. Insomma anche in Occidente, in forma meno roboante, si assiste al dominio delle multinazionali e della finanza su tutti gli altri soggetti. Lo dimostra in Italia il crollo della retribuzione del lavoro il quale, nei pochi casi in cui ancora esiste, o è precario o è sottopagato.

Ed è da notare, per quanto ci riguarda, che mentre nel 1990 l’Italia era la prima potenza economica europea oggi è l’ultima, dopo aver liberalizzato, e cioè donato a chicchessia fonti di produzione di ricchezza nazionale, come ad esempio le rotte aeree, e dopo che, a seguito del famoso discorso di Mario Draghi sul panfilo Britannia del 2 giugno 1992, si è data via libera alla privatizzazione del nostro immenso complesso industriale sconvolgendo la struttura interna del nostro Stato-Comunità, che disponeva di un’economia mista nella quale l’intervento dello Stato nell’economia equilibrava la spinta egoistica della libera iniziativa privata; mentre entrambe le attività erano controllate dalla legge per il perseguimento di fini sociali (art. 41 Cost.).

Sarebbe necessario che tutti si rendessero conto di come l’occidente debba cambiare sistema per ristabilire un’economia di mercato fondata sullo scambio e non sulla spietata concorrenza, che uccide il lavoro e lascia vittime sul terreno a seguito del suo progredire dell’interesse individuale. Esempio, tra i moltissimi, di questo malcostume economico è l’attuale svendita, da parte dell’Italia, della rete unica delle comunicazioni, una grande fonte di produzione di ricchezza, che ha anche il carattere di un bene estremamente riservato da mantenere nelle mani dello Stato e che viene ceduto, a quanto pare, a qualche fondo di investimenti straniero a prezzi stracciati.

Non era certo questo che ci si aspettava da un governo di estrema destra che dovrebbe sostenere l’interesse nazionale il quale, pur eliminato dai pochi accorti modificatori del titolo V della Costituzione, è comunque ancor vivo in quest’ultima, come dimostra un’ampia giurisprudenza costituzionale. D’altro canto l’Europa è molto lontana dall’essere una vera comunità politica e le ultime dichiarazioni del Consiglio dei ministri hanno visto prevalere l’idea della Germania e della Francia, secondo le quali è opportuno che ognuno proceda autonomamente sul piano economico.

Questo atteggiamento ha, peraltro, effetti nefasti per quanto riguarda il problema dell’immigrazione, sul quale i Paesi europei insistono nel mantenere fermo il Trattato di Dublino secondo cui i migranti soccorsi in mare devono restare nei Paesi di primo approdo. Si distingue tra immigrazione primaria (quella che si conclude con il primo approdo) e quella secondaria (quella di transito verso altri Paesi europei), ma su questo punto ci sono solo vaghe indicazioni sulla necessità di una cooperazione europea, peraltro molto chiaramente sancita nei trattati.

Ma non è stato finora adottato nessun provvedimento concreto per cui il problema dei migranti resta sospeso tra l’opinione di quegli italiani, che giustamente sono animati dal rispetto dei diritti dell’uomo, e dal principio di solidarietà economica, politica e sociale (art. 2 Cost.) e vedono quindi come obiettivo da raggiungere quello dell’accoglienza (che peraltro gioverebbe all’Italia che si avvia ad essere un Paese di vecchi) e la posizione della Lega che prescinde da ogni pensiero solidaristico e impone pastoie al soccorso in mare dei migranti, come si nota nel decreto legge n.1 del 2 gennaio 2023 convertito in legge il 24 febbraio di questo anno.