Scienza

Dimesso il bimbo di 5 anni che ha ricevuto il polmone dal padre dopo l’intervento al Papa Giovanni XXIII

Il bambino resterà per qualche tempo a Bergamo per sottoporsi ai controlli post-trapianto. Poi potrà tornare a casa e ricominciare una vita normale. La sola limitazione per il padre riguarda una riduzione del 20% del volume polmonare complessivo

A poco più di un mese dal trapianto di polmone da vivente da padre e figlio, è stato dimesso il bambino di 5 anni che è tornato a respirare grazie al papà di 34 anni. Il piccolo e il genitore sono entrambi è in buone condizioni. La famiglia del bimbo, di origine albanese, è arrivata in Italia nel 2018. Le prime visite, a causa di una febbre che non passa, avvengono all’ospedale Meyer. Dopo gli esami, arriva la diagnosi di talassemia o anemia mediterranea, una patologia del sangue. Dopo due anni di trasfusioni di sangue periodiche, l’11 giugno 2021 si rende necessario un trapianto di midollo. Nonostante la buona riuscita del trapianto, proprio questa donazione del midollo dal padre, con conseguente “trasferimento” del sistema immunitario del genitore sul figlio, genera la cosiddetta malattia da trapianto contro l’ospite (Graft versus Host Disease, GvHD), una grave complicanza che si osserva nei pazienti sottoposti a trapianto allogenico.

Si tratta, spiegano dall’ospedale di Bergamo, di una complessa reazione immunitaria, dove le cellule trapiantate provenienti dal donatore “attaccano” gli organi e i tessuti del ricevente, che il nuovo sistema immunitario non riesce a riconoscere come propri. Questa malattia, cui si somma l’effetto dei farmaci utilizzati per il trapianto, danneggia i polmoni al punto che il bambino stava perdendo completamente la capacità di respirare in modo autonomo. Questo danno risulta irreversibile. Per lui non rimane alcuna speranza di sopravvivere, se non quella di un trapianto di polmoni. Nell’autunno del 2022 gli specialisti dell’ospedale Meyer di Firenze contattano il Papa Giovanni XXIII di Bergamo per valutare ed eventualmente inserire il bambino in lista per il trapianto di polmone. Perfettamente riuscito.

Il bambino, che dopo due settimane di terapia intensiva ha cominciato a respirare da solo, resterà per qualche tempo a Bergamo per sottoporsi ai controlli post-trapianto. Poi potrà tornare a casa e ricominciare una vita normale. La sola limitazione per il padre riguarda una riduzione del 20% del volume polmonare complessivo. Va però considerato che le normali riserve polmonari di un uomo adulto consentono, nonostante questa limitazione, non solo di condurre una vita del tutto normale, ma anche di eseguire attività sportiva.

“Quando ho proposto, all’inizio dell’iter, l’ipotesi di un trapianto da vivente, la famiglia di Mario non solo non ha mai esitato, ma mi hanno detto che, se non l’avessi proposto io, me l’avrebbero chiesto loro” racconta il professor Michele Colledan, direttore del Dipartimento trapianti e della Chirurgia generale 3 dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, nel ricordare le fasi che hanno preceduto l’eccezionale intervento. “Il polmone è tra gli organi più rigettati – ha aggiunto Colledan – ma in questo caso il bambino non rigetterà mai il polmone del padre. Il polmone è tra gli organi meno trapiantati in Italia, con 100-150 casi l’anno e tempi d’attesa medi di 2,6 anni per gli adulti e 4-6 anni per l’età pediatrica. Solo il 10% dei donatori, inoltre, ha polmoni adeguati”. Come raccontato dal direttore generale del Papa Giovanni, Maria Beatrice Stasi, la famiglia è ora ospitata in un alloggio “messo a disposizione dall’associazione ‘Amici della Pediatria’, che supporta le famiglie di bambini ricoverati qui e che arrivano da altre regioni o altri stati”.

“Quando i medici mi hanno chiesto se fossi d’accordo, ho risposto subito: sono pronto. Quel giorno ero senza parole: è stato il giorno più importante della mia vita perché avrei potuto salvare mio figlio. Ora dopo il trapianto ho visto che gioca, che potrà andare a scuola e potrà avere una vita come tutti gli altri: non ci sono parole per l’emozione che sto provando” ha spiegato l’uomo alla stampa. “Non so come ringraziare quanto è stato fatto – ha aggiunto il genitore, molto commosso -. Da solo io posso salvare una vita: questo vuol dire che tutti non possiamo salvare il mondo, ma tante vite sì. Mio figlio – ha detto ancora – sa cosa è successo e dice soltanto che deve guarire per poter tornare a vivere una vita normale. Il suo primo desiderio è stato un Lego: è un grande appassionato. Ovviamente gliel’abbiamo regalato”.