Politica

Sanità, una spina nel fianco per il governo: il ministro Schillaci si decida

Mi ha molto colpito che il nuovo presidente della Regione Lazio Francesco Rocca abbia indicato nel pronto soccorso degli ospedali la sua priorità delle priorità. Ogni giorno questo problema occupa molte pagine dei giornali. In televisione ormai non c’è talk show che a questo problema non riservi qualche spazio. Più in generale mi pare di poter dire che oggi per Meloni la sanità stia diventando sempre più una fastidiosa spina nel fianco.

Anzi direi che oggi in Italia, quasi unico paese dell’Europa, è comparsa una nuova malattia della quale la nosografia (la scienza medica che classifica le malattie) dovrebbe prendere nota e che si potrebbe chiamare “ospedalopatia combinata grave”.

“Ospedalopatia” perché è causata tecnicamente dall’ospedale, “combinata” perché deriva da diversi problemi organizzativi e ideologici, “grave” perché per migliaia di cittadini è mortale. Non va confusa con le malattie iatrogene (effetti negativi di una terapia) e nemmeno con i decessi causati dagli errori medici (in Usa terza causa di morte in ospedale). No, “l’ospedalopatia combinata grave” è l’ospedale che – malmesso – causa la morte di certi cittadini.

Ci siamo accorti della sua comparsa leggendo i dati recentissimi resi noti della società italiana di medicina di emergenza e urgenza (Simeu). In particolare due:

– 18.000 persone muoiono in pronto soccorso dopo almeno 24 ore di permanenza. Cioè subito dopo l’ospedale;

– 800.000 persone (il 4% dei malati) anziché andare nei reparti di degenza permangono impropriamente in pronto soccorso e quindi sono malcurati per periodi superiori alle 48 ore (300.000 di essi più di 72 ore).

Per non parlare dei tempi di attesa del pronto soccorso che vanno oltre le 6 ore standard e che arrivano a non meno di tre giorni e di più; delle piante organiche che sono cronicamente insufficienti (3 medici su 10 mancano e i tre quarti dei medici mancanti non sono sostituiti).

Per curare l’“ospedalopatia combinata grave” l’unica terapia possibile non è medica ma è politica. Essa si cura garantendo al cittadino semplicemente un ospedale pubblico adeguato e un sistema di emergenza e urgenza decente. A giudicare dai finanziamenti che questo governo ha destinato alla sanità, (praticamente quasi niente), di fatto la scelta politica è di non curare l’ospedale farlocco, accettando di negare a decine di migliaia di persone non solo la salvaguardia della salute (art. 32) ma addirittura la salvaguardia della vita.

Come si è arrivati a questo orrore? Come si sa, in questi anni ha preso forma, soprattutto a sinistra, una vera e propria lotta contro l’ospedalocentrismo, si sono tagliati migliaia e migliaia di posti letto, si sono chiusi migliaia di reparti e centinaia di ospedali, soprattutto i più piccoli. All’inizio un razionale c’era. Con la nascita delle Usl (territorio), gli ospedali erano decisamente in sovrannumero (del resto prima delle mutue a parte le “condotte mediche” oltre l’ospedale non c’era altro), per cui si trattava di de-ospedalizzare. Questo era lo slogan. Cioè di riequilibrare il sistema sviluppando il territorio.

Ma poi i problemi finanziari della sanità, l’assenza di un vero pensiero di riforma, la miopia politica presero il sopravvento e l’ospedale, suo malgrado, diventò la principale controparte di una vera e propria ideologia avversa il cui punto massimo fu la legge 229 del ministro Bindi (1999). Una legge terribilmente “democristiana”, molto poco di sinistra ma molto neoliberale che, proprio per ragioni di sostenibilità, colpiva al cuore l’art. 32 della Costituzione, apriva le porte alla speculazione privata, istituiva gestioni pubbliche promiscue e, dietro pagamento, consentiva ai cittadini che se lo potevano permettere di saltare le liste di attesa. In essa l’ospedale come servizio non solo era negato, ma nello stesso tempo era configurato come il primo avversario del territorio. Viva il territorio, abbasso l’ospedale.

Quel ministro anodino di Speranza, quasi 25 anni dopo, per rispondere alla pandemia farà esattamente la stessa cosa. La Bindi, come è noto, con Renzi, lascerà il Pd ed entrerà in Articolo1, il partito dell’ex ministro Speranza, e la sua vecchia legge con la sua stupida ideologia anti-ospedaliera passerà, tale e quale, proprio attraverso Speranza nel Pnrr (Dm 70).

Morire a causa di malattie inguaribili ci sta, ma morire a causa delle meschine ideologie della Bindi e di Speranza è francamente inaccettabile. Il ministro Schillaci si decida: o l’ideologia anti ospedaliera o un ospedale adeguato e moderno che funzioni.