Giustizia & Impunità

Caso Saguto, le motivazioni della condanna in appello: “Usò in modo distorto il suo potere per assicurarsi un tenore di vita elevato”

L'ex presidente della sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo è stata condannata a otto anni, dieci mesi e quindici giorni per corruzione, concussione e abuso d’ufficio, con l'accusa di aver gestito in modo clientelare e illegale i beni sequestrati e confiscati alla mafia. La sua, scrivono i giudici di Caltanissetta, fu una "mala gestio" in cui "gli unici interessi perseguiti erano quelli egoistici"

Sono state depositate le motivazioni della sentenza d’appello del processo nei confronti dell’ex giudice Silvana Saguto, per anni a capo della sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo, e del suo “cerchio magico”. Saguto è imputata di corruzione, concussione e abuso d’ufficio per aver gestito in modo clientelare e illegale i beni sequestrati e confiscati alla mafia, nominando come amministratori giudiziari solo i suoi “fedelissimi” in cambio di soldi, favori e regali. Il dispositivo della sentenza era stato pronunciato il 20 luglio 2022: Saguto è stata condannata a otto anni, dieci mesi e quindici giorni di carcere, quattro mesi in più di quanto le era stato inflitto in primo grado, mentre l’avvocato Gaetano Cappellano Seminara (il “recordman” delle amministrazioni giudiziarie) a sette anni e sette mesi (un mese in più).

Nelle 1.214 pagine di motivazioni della Corte d’Appello di Caltanissetta si legge che Saguto – radiata dall’ordine giudiziario nel corso del processo – esercitò un “uso distorto” del suo potere, “spinta da uno spasmodico desiderio di assicurare un tenore di vita elevato a sè e alla sua famiglia”, e fu responsabile di una “mala gestio” dei beni sequestrati in cui “gli unici interessi perseguiti erano quelli egoistici”. “Questo non è un processo all’antimafia o a una certa antimafia. Abbiamo solo fotografato alcune condotte illecite. E vi assicuro che è stato un processo doloroso, molto doloroso anche per noi, non solo per gli imputati. Un dolore lancinante, un coltello senza manico. Ci siamo feriti anche noi”, aveva detto durante la requisitoria l’ex procuratrice generale di Caltanissetta, Lia Sava, oggi a Palermo.