Calcio

Juventus, la fine nella polvere dell’era Agnelli: lo strappo con John Elkann, nessun mea culpa e un “gabinetto di guerra” per la ripartenza

I tredici anni di presidenza si chiudono nel mezzo di tre date che immortalano uno dei momenti più tribolati nella storia bianconera e con l'annuncio dell'addio anche alle cariche in Exor e Stellantis, segnale della distanza dal cugino. Nel suo ultimo discorso rivendicazioni e attacchi all'Uefa. L'inchiesta? "Vicenda delicata". Il nuovo presidente Ferrero: "Ci difenderemo, senza arroganza". La rotta dell'ad Scanavino: "Ambizioni non cambiano, ma con equilibrio finanziario"

TORINO – Venerdì il capitombolo di Napoli, tra due giorni la decisione sulla riapertura del processo sportivo e il 27 marzo l’udienza preliminare dell’inchiesta Prisma. I tredici anni di Andrea Agnelli, da oggi non più presidente della Juventus, alla guida del club si chiudono, in un freddo mercoledì di gennaio, nel mezzo di tre date che immortalano uno dei momenti più tribolati nella storia bianconera, oltretutto con la squadra a -10 dalla vetta della Serie A e reduce dalla disastrosa stagione in Champions League, il ‘pallino’ del presidente che se ne va.

E come se non bastasse l’addio alla Vecchia Signora – scaturito dall’indagine della procura di Torino, incrociata con gli accertamenti Consob – ecco che nel suo discorso di fronte all’assemblea degli azionisti l’ormai ex numero uno bianconero annuncia un passo indietro anche dai board di Exor e Stellantis, le altre società quotate sotto l’ombrello della Giovanni Agnelli BV, la cassaforte degli Agnelli-Elkann dove resterà come consigliere. Un esilio dorato. Una decisione presa “d’accordo con John”, specifica nella speranza di spegnere subito le speculazioni su uno strappo profondo e radicale, ben oltre i confini della Continassa, tra i cugini eredi dell’impero economico sabaudo.

Se ne va rotolando nella polvere il presidente più vincente della storia centenaria del club, lasciando una società che riparte da un Cda simile a un “gabinetto di guerra”. I cinque nuovi consiglieri tutti targati Elkann – il nuovo ad Maurizio Scanavino, il presidente Gianluca Ferrero, Diego Pistone e le indipendenti Laura Cappiello e Fioranna Vittoria Negri – dovranno riuscire a conciliare l’esigenza di rimettere in ordine i conti, dopo oltre 700 milioni di euro di rosso in tre anni, e continuare a essere competitivi sul campo, affrontando al contempo la tempesta giudiziaria. Questioni che non sbiadiscono, almeno nelle sue parole di saluto, la cronistoria della presidenza Agnelli.

Tutto era iniziato il 19 maggio 2010 decollando il settembre dell’anno successivo con l’inaugurazione dello Stadium, perno dell’idea di fondo di Agnelli: dare al club una dimensione europea. Ne sono venuti fuori 9 scudetti consecutivi, uno dei quali raccogliendo 102 punti, e due finali di Champions League, perse contro Barcellona e Real Madrid. Roba irripetibile, probabilmente, almeno per la parte domestica. Mentre il successo europeo, l’ossessione e anche un po’ la condanna di Andrea Agnelli, è rimasto un sogno cullato come pure l’idea di fare della Juventus un pilastro politico del calcio italiano e continentale.

Nel suo addio non c’è alcun mea culpa sulle vicende penali, su quella “merda che c’è sotto”, né sulle ormai esili speranze di vincere la battaglia sulla Superlega davanti alla Corte Ue. Anzi: “I nostri regolatori non riescono a cogliere la differenza tra un gioco e un’industria”, spiega a un certo punto. È l’antipasto dell’attacco all’Uefa: “Bisogna affrontare una riforma o la Premier League attrarrà tutto il talento del calcio europeo marginalizzando tutte le altre leghe. Ma i regolatori non vogliono ascoltare e mantenere la loro posizione di privilegio”.

Le accuse della procura di Torino sui falsi in bilancio, l’aggiotaggio informativo, le “supercazzole” alla Consob e gli stessi pesanti rilievi dell’autorità di vigilanza finiscono annacquati nell’espressione “vicende delicate da gestire”. Ritornano solo, mescolati ai ringraziamenti e alle speranze per il futuro, nei dubbi dei piccoli azionisti che sfilano al microfono, nelle loro richieste di chiarimenti e risposte su quel che verrà e su ciò che è stato, nella sorpresa per “l’aria da funerale”, testuali parole, che si avverte dentro la pancia dell’Allianz Stadium.

Tocca al successore di Agnelli rassicurare i tifosi “dubbiosi e smarriti” sul futuro: “Vogliamo costruirne uno all’altezza del nostro passato”, dice Ferrero in sala stampa dopo la nomina formale come presidente sottolineando che la Juventus si difenderà “in tutte le sedi” con “determinazione e rigore, ma anche con pacatezza e senza alcuna forma di arroganza”. Sarà il frontman insieme a Scanavino di un Cda da ‘battaglia’. Il nuovo amministratore delegato traccia la nuova rotta dopo l’inseguimento spericolato alle grandi d’Europa: “Obiettivi e ambizioni sportive non cambiano, vanno coniugate con l’equilibrio finanziario”. Zero domande, neanche sul possibile delisting del titolo da Piazza Affari: solo uno statement. Tutto molto alla Elkann, nel giorno dell’addio di Agnelli.

Twitter: @andtundo