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Ucraina, non si può sperare di fermare la guerra se prima non si ferma Putin. Ecco perché

La mia posizione rigida e molto ferma nell’affermare che non ci sono vie d’uscita a questa guerra scatenata da un bellicoso dittatore euro-orientale contro le democrazie europee, credo non possa essere seriamente confutata.

Noi italiani (insieme ai tedeschi) abbiamo già vissuto proprio qui, a casa nostra, un secolo fa, cosa vuol dire essere possibilisti contro chi si vede già baciato dalla dea Minerva e coperto dalle sue corone d’alloro a imperitura gloria per le sue conquiste.

Ma sperare che chi si fa abbagliare da certi sogni di semi-immortalità si svegli da solo dal demone dell’onnipotenza (o anche dalla più semplice voglia di utilizzare con ogni mezzo a sua disposizione la facile minaccia dei ricatti stile “mafioso” su chi si illude di trattare qualcosa che non sia di fatto una umiliante resa) è speranza vana. Anzi, il semplice desiderio (nostro, non suo!) di voler concludere al più presto questa guerra sanguinosissima, fatta con moderne armi convenzionali, ma sempre velatamente attualizzata sulla minaccia atomica, permette al possente Dracula caucasico di abbeverarsi quotidianamente del sangue ucraino mischiato a quello del suo stesso popolo.

Sto esagerando vero? Certo, lo so, ci vuole “diplomazia” (dicono) quando si discutono certi argomenti.

Io non sono un diplomatico. Ma perché, forse lui, il despota russo, sta per caso usando qualche forma di diplomazia? A me non sembra proprio. Fin dal primo giorno della sua “Operazione Speciale” ha usato la tecnica della “mattanza” sugli ucraini, indifferente al fatto se siano soldati o civili, e ha preso a bersaglio, direi persino con preferenza piuttosto che per casualità, le abitazioni civili e addirittura i ricoveri, gli ospedali e le ambulanze, con bombardamenti a tappeto, facendo fare ai suoi carri armati (finché hanno potuto) tiro a segno sui palazzoni popolari con gente ancora dentro che magari cercava scampo nelle cantine, pregando affinché il palazzo restasse in piedi.

A vedere certe cose mi viene in mente l’eroica resistenza dello sfortunato popolo zelota assediato in Masada dagli spietati romani che ne volevano la resa, e alla fine ci riuscirono. Lo splendido racconto di Bruno Tacconi, illustra magistralmente la grandezza, e spietatezza, dell’esercito romano quando veniva comandato di fare una conquista. Ma erano conquiste che, insieme al potere, portavano anche una nuova civiltà scritta nella Lex Romana, che valeva per tutti, non il potere per se stesso e la vanagloria di chi lo possiede.

L’Orco orientale sta evidentemente studiando qualcosa di simile contro il popolo ucraino, prendendo in questi giorni di mira soprattutto, con le forze di invasione che si spostano a loro piacimento in un territorio che non gli appartiene, per colpire ora, con preferenza, tutti gli obbiettivi che darebbero rifugio e risorse alimentari al popolo che vogliono soggiogare.

Non lo vogliono più, ora, affrontare con le armi, ma con la fame, la sete e il freddo polare. Quella di Putin non è una “operazione speciale”, lui, di fatto, sta dettando le nuove regole per una moderna guerra d’invasione dei territori di suo interesse.

Non si può concedere nemmeno la più piccola parvenza di successo alla sua strategia, perché lui sta cambiando radicalmente (a suo comodo) le regole della guerra. Non più lo scontro di due eserciti in campo aperto, ma l’immediato assalto alla popolazione per affliggerla con le stragi e l’annullamento di qualunque regola e costringerla alla resa. A questo Satana in abiti borghesi non si può e non si deve concedere nulla, perché servirebbe solo a lui, o a chiunque altro che potrebbe valutarne “convenienza”, l’opportunità di riprovarci.

Nessuna tregua e nessun accordo può mettere le democrazie al riparo di chi possiede armi potenti, specialmente se nucleari. Si potrebbe provare solo con una profonda riforma dell’Onu. Solo con una nuova Onu, senza diritti di veto e con un Tribunale più potente e risoluto di quello dell’Aja, capace di emettere sentenze di cattura e prigionia per chi lo merita, si potrà sperare di evitare ciò che già succede oggi.

Un domani che però potrebbe anche essere molto vicino, visto che le nostre esitazioni stanno producendo solo una folle corsa di tutti al riarmo.

Se non si riesce a fermare adesso una piccola potenza come la Russia attuale, economicamente grande come la sola Italia, ma solo quattordicesima nella classifica delle potenze economiche globali (un gigante coi piedi d’argilla!), chi potrà fermare tra qualche anno la Cina, se vorrà seguire l’esempio russo per riconquistare territori che furono suoi prima della rivoluzione di Mao Zedong?