Cronaca

“Piantedosi ha detto il falso”. Capomissione Msf ricostruisce l’ultimo soccorso in mare: “Comunicata ogni fase, tutto documentato”

Juan Matias Gil segue per Medici Senza Frontiere le missioni SAR nel Mediterraneo e così ha fatto per quella della nave Geo Barents fine ottobre. E ribatte al ministro che accusa le Ong di avvertire le autorità a cose fatte. "Gli Stati ricevono l'allarme di imbarcazione in pericolo nell'istante in cui arriva a noi", spiega e ricostruisce una comunicazione costante che, assicura, "è tutta documentata". Ma che l'Italia, come Malta, ignora

“Di fronte al Parlamento Piantedosi ha detto il falso”. Non c’è incertezza nelle parole di Juan Matias Gil, capomissione SAR che ha seguito anche l’ultima missione di soccorso della nave Geo Barents di Medici Senza Fontiere, attraccata a Catania dopo aver soccorso 572 persone nel Mediterraneo. Attività che secondo il governo di Giorgia Meloni non rispetta le regole. Anzi, condotta “in piena autonomia e in modo sistematico in aree SAR (search and rescue) libica e maltese, senza ricevere indicazioni dalle autorità statali responsabili delle predette aree, informate, al pari dell’Italia, solo a operazioni avvenute“, ha detto oggi il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi nella sua informativa ai parlamentari sui flussi migratori e sui recenti interventi delle ong. Il ministro accusa le navi Geo Barents e Humanity 1 di aver operato soccorsi senza avvertire le autorità competenti, se non a cose fatte e solo per chiedere un porto dove dirigersi. “Falso, l’Italia era informata in tempo reale fin dal primo momento e le comunicazioni al suo Centro di coordinamento del soccorso marittimo sono documentate”, ribatte il capomissione di Msf, che al ilfattoquotidiano.it ricostruisce i sette salvataggi eseguiti in area SAR maltese tra il 27 e il 29 ottobre e tutte le comunicazioni e le richieste inviate. “Invano – denuncia – perché né Malta né l’Italia ci hanno risposto”.

Prima di approdare a Catania tra il 5 e 6 novembre, subire lo sbarco selettivo imposto dal decreto del Viminale e infine far scendere tutti a terra l’8 novembre per volontà delle autorità sanitarie, a bordo della Geo Barents di Msf e della Humanity 1 della tedesca Sos Humanity si sarebbe svolto un copione già noto. Eppure diverso da quello ricostruito oggi dal ministro Piantedosi. “Tra il 27 e il 29 ottobre abbiamo ricevuto sette segnalazioni di imbarcazioni in pericolo (distress), sei da Alarm Phone e una dalla guardia costiera libica, tutte in zona SAR di competenza maltese“, inizia Gil. “Le stesse segnalazioni arrivano ovviamente agli Stati costieri, Italia compresa, che da parte nostra ricevono una prima comunicazione di disponibilità insieme alla richiesta di essere coordinati“, spiega ricordando che la normativa internazionale impone a tutti gli Stati di cooperare e chi per primo ha notizia dell’evento in corso deve attivarsi per il coordinamento delle operazioni, anche se lo Stato competente per il tratto di mare in cui avviene il soccorso rimane in silenzio.

Quando arriva il primo allarme la Geo Barents è già in acque SAR maltesi. Comunicare la propria disponibilità e chiedere coordinamento è un obbligo al quale il comandante non può sottrarsi. Da quel momento attende istruzioni che non arriveranno: “Nel 99 per cento dei casi è così, non risponde nessuno“. “E’ tutto documentato, tutto nelle mail che il comandante ha inviato”, assicura il capomissione di Msf. Il silenzio di Malta e dell’Italia non solleva però il comandante dal dovere di portarsi sul luogo indicato nella segnalazione. “Se non prima, una volta sulla scena e individuata l’imbarcazione mandiamo a tutti un rapporto preliminare“. Si tratta di valutare le condizioni delle persone e della barca, se a bordo c’è cibo e acqua e se è in grado di proseguire. “E’ davvero raro che le barche per le quali riceviamo un allarme siano in grado di proseguire”, spiega Alberto Mallardo, coordinatore in Italia del team di Sea Watch, altra ong tedesca impegnata nel Mediterraneo. Che conferma quanto detto dal collega: “Quella delle mancate comunicazioni, dell’attività in autonomia, è forse l’assurdità più grande perché tutti, Italia compresa, sono messi nelle condizioni di seguire gli eventi man mano che si evolvono”.

Secondo il suo capomissione, la Geo Barents ha comunicato i passaggi per ognuno dei sette soccorsi effettuati a fine ottobre. “Quando si decide per il soccorso delle persone, segue un altro comunicato, un report dettagliato con le ragioni che hanno imposto l’intervento, il numero delle persone, delle donne e degli uomini, e la loro nazionalità“, chiarisce. Al termine di ogni salvataggio “viene inviata la richiesta di un porto sicuro, finché dopo l’ennesimo salvataggio non abbiamo più posto e allora la richiesta del place of safety (POS) resta l’unica comunicazione che continuiamo a inviare a tutti”. Compreso, per conoscenza, lo Stato di bandiera che in questo caso è la Norvegia. Alla quale, riporta oggi Piantedosi in Parlamento, si rivolge anche il nostro ministero degli Esteri per chiedere proprio quelle informazioni che le navi assicurano di aver inviato e il Viminale nega di ricevere. Non solo, alla Norvegia l’Italia chiederà anche di avanzare la richiesta del porto sicuro: “La richiesta di un POS in territorio italiano avrebbe dovuto essere inviata alle autorità italiane dallo Stato di bandiera delle navi ONG, e non da queste ultime, come è invece avvenuto”, sostiene Piantedosi. Ma dalla Norvegia, come dalla Germania per la Humanity 1, arriva solo un secco no e il monito di rispettare il diritto del mare.

“La prima comunicazione con l’Italia? Fino al 29 ottobre abbiamo chiesto un porto a Malta, ma il suo centro di coordinamento non ha mai risposto. Così il 31 ottobre ci spostiamo in zona SAR italiana e inviamo la prima richiesta all’Italia, che risponde con un semplice “la sua richiesta è stata inoltrata all’autorità competente“, riferisce il capomissione. E aggiunge: “La risposta sarà la stessa per le successive otto richieste”. Sabato 5 novembre la Geo Barents chiede all’Italia “il permesso di riparare a causa del cattivo tempo e domenica ci hanno mandato il decreto ministeriale che ci permetteva il solo sbarco selettivo e di fermarci lo stretto tempo necessario”, racconta Gil. “Da quando l’Italia si è accordata con la Libia ritirandosi di fatto dal coordinamento SAR nell’area, abbiamo intensificato la comunicazione con tutti gli Stati competenti, tanto che inviamo anche mail non richieste, come quelle che avvertono le autorità quando lasciamo un porto e prendiamo il mare, così che tutti sappiano dove dirigiamo, che siamo operativi e disponibili a intervenire se necessario”. Insomma, “hanno tutto, ma sapendo che i maltesi stanno zitti, anche l’Italia rimane in silenzio”, denuncia Gil, che respinge con forza quanto detto in Parlamento da Piantedosi: “Non operiamo in autonomia, piuttosto subiamo l’inadempimento degli Stati che si sottraggono all’obbligo di coordinamento e cooperazione, per questo quanto detto oggi è falso”.