Politica

Adolfo Urso – L’ufficiale di collegamento tra destra di lotta e governo: chi è il ministro delle Imprese e del made in Italy (ex Mise)

Ex Msi, ex portavoce di An, dopo cinque legislature è arrivato a capo del Copasir. Due volte vice, era in lizza per più ministeri (Mise e Difesa) si è aggiudicato l'evoluzione meloniana dello Sviluppo Economico. Propose Di Pietro al Quirinale. Fu cacciato da Berlusconi. Poi capo del Copasir con l'impresa a Teheran, che lascia giusto 10 giorni prima di entrare nel governo.

Due volte viceministro, cinque legislature alle spalle, Adolfo Urso è il nuovo ministro delle Imprese e del made in Italy, che sostituirà nella dicitura e nelle funzioni quello per lo Sviluppo Economico. Lascia la poltrona del Copasir su cui era salito poco più di un anno fa. Sua la telefonata con lo staff di Zelensky per imbastire a Kiev il primo viaggio all’estero del nuovo premier per tamponare le intemerate dell’alleato Berlusconi. Ha una moglie che arriva proprio dalla repubblica russofona inglobata da Putin, ma “non tutti in famiglia sono filoputiniani” ha precisato il senatore di Fdi. La circostanza, certamente nota a Meloni&C, non ha costituito un problema. Neppure il fatto che da capo del Copasir fosse socio, con il figlio, di un’impresa che effettivamente internazionalizza il made in Italy, ma in Iran, dove la dittatura comprime proteste e diritti e vende droni kamikaze a Putin. Se ne è appena liberato per fare il ministro. Il fatto è che nessuno dubiterebbe di Adolfo Urso, classe 1957, che in 40 anni storia politica si è conquistato una patente di uomo d’apparato affidabile grazie all’indole equilibrata e a una biografia di militanza nella destra italiana con ruoli istituzionali. Per quella di governo capitanata da Meloni una sorta di jolly per molti ruoli, una biglia intercambiabile nel pallottoliere del toto-ministri.

Attività giornalistica e militanza politica
Nato nel 1957, Adolfo Urso è originario di Padova, figlio di emigrati siciliani di Acireale, dove trascorre gli anni di gioventù e di formazione scolastica. Qui comincia a muovere i primi anni nel giornalismo, scrivendo per una rivista giovanile locale, Controcorrente, per poi collaborare con il Secolo d’Italia, quotidiano ufficiale del Movimento Sociale Italiano (MSI), di cui Urso è membro tesserato. Aderisce al Fronte della Gioventù, l’organizzazione giovanile del partito di cui faceva parte anche Giorgia Meloni. Contemporaneamente prosegue la sua carriera giornalistica come caporedattore della testata L’Italia Settimanale.

Nel 1994 è eletto in Parlamento con Forza Italia, e l’anno successivo entra a far parte di Alleanza Nazionale, il nuovo partito fondato da Gianfranco Fini. Cerca di ricavarsi subito un ruolo da alchimista istituzionale proponendo Antonio Di Pietro come Presidente della Repubblica, tentativo assai precoce e strumentale di chiudere la falda aperta da Tangentopoli tra magistrati e partiti sopravvissuti alle sue ceneri. Urso ricorreva alla fantasia, perché Di Pietro all’epoca aveva 50 anni e non era candidabile al Colle, pur di placare il conflitto esiziale che ruotava già attorno a Berlusconi.

Al congresso di Fiuggi che seppellirà l’Msi avrà il ruolo di pontiere, come organizzatore dei circoli di An, tra i colonnelli governisti alla Gasparri e La Russa, sponsorizzati da Tatarella, e l’ala “movimentista” incarnata dal duo Alemanno-Storace. A novembre 2017 si consuma la disfatta alle amministrative e Urso finisce nel mirino degli “epurator”, giocherà allora la carta del liberale tra i reazionari, ventilando una modernizzazione del partito capace di strizzare l’occhio al “nord produttivo” che vota Lega (ma se ne esce con un “a chi parlava il fascismo? Al ceto produttivo!”). Farà 5 legislature in Parlamento che vedranno accrescere l’esperienza e il prestigio, al punto da diventare un uomo di riferimento all’interno del centrodestra, attraversando tutte le sue trasformazioni e i cambi di sigle dei partiti (dall’esperienza di Futuro e Libertà a FareItalia).

Principali incarichi politici
I suoi campi di interesse sono sempre stati la sicurezza nazionale e la geopolitica. Ha presentato diverse proposte di legge relativa all’interesse nazionale nel contesto marittimo. Per due mandati riceve l’incarico di viceministro, delle Attività Produttive dal 2001 al 2006, e dello Sviluppo economico dal 2008 al 2011.

L’8 novembre 2011 Berlusconi annuncia le proprie dimissioni a seguito dell’approvazione della legge di Stabilità contenente le prime misure promesse all’UE, ed Urso dichiara il proprio appoggio all’ipotesi di un governo presieduto da Angelino Alfano oppure da Mario Monti, rivolgendo un appello al PDL perché lo sostenga unito insieme al terzo polo. Alle politiche del febbraio 2013 Urso non viene candidato dal PdL, perché come ricorda lui stesso al Fatto.it il 20 gennaio Berlusconi, in vista delle politiche, cancella dalle liste gran parte di coloro che avevano fatto la storia della Destra.

Nel 2015 torna in campo abbracciando il progetto di Giorgia Meloni, che lancia Fratelli d’Italia, in cui confluiscono diversi ex membri di Alleanza Nazionale. Il 9 giugno 2021 è nominato presidente del Copasir, incarico che ha ricoperto fino a fine legislatura e all’elezione al Senato (correva in Sicilia e Veneto). Dopo la caduta dell’ultimo governo Berlusconi Urso aveva lasciato momentaneamente la politica e fonda la Italy World Services, una società di consulenza per l’internalizzazione delle imprese con sede a Teheran. L’oggetto è generico, il fatturato modesto, un solo dipendente ma non è questo il punto quanto il conflitto d’interessi potenziale e l’esposizione a implicazioni di sicurezza nazionale: capo dei servizi e socio di un’impresa nata per facilitare gli affari di quelle italiane con un regime che soffoca proteste e diritti e fornisce armi a Putin (lo si è appena visto coi droni kamikaze). Alla fine infatti sarà costretto a lasciare le sue quote prima di giurare da ministro. Le lascerà (al figlio Pietro) solo l’11 ottobre 2022 scorso, quando il suo nome è ormai certo nella lista dei papabili membri del governo Meloni.