Cinema

Festa del Cinema di Roma, l’omaggio alla regina Elisabetta nel docufilm di Fabrizio Ferri. Stephen Frears celebra invece Riccardo III

Grazie alla 17ma Festa del Cinema di Roma che li ha fatti dialogare nella giornata odierna in due opere assai diverse eppure entrambe accomunate dal valore della “regal” memoria: il primo attraverso un’indagine archeologica,  il secondo tramite un ritratto fotografico plurale senza precedenti

Riccardo III ed Elisabetta II così lontani, così vicini. Grazie alla 17ma Festa del Cinema di Roma che li ha fatti dialogare nella giornata odierna in due opere assai diverse eppure entrambe accomunate dal valore della “regal” memoria: il primo attraverso un’indagine archeologica, il secondo tramite un ritratto fotografico plurale senza precedenti. Ma anche, piuttosto straordinariamente, dal fatto che l’autore di The Lost King è lo stesso Stephen Frears che diresse nel 2006 The Queen, il primo grande film sull’ultima e compianta regina britannica, qui celebrata nel documentario Ritratto di Regina a firma del fotografo Fabrizio Ferri su ispirazione del libro di Paola Calvetti, Elisabetta II: Ritratto di Regina (Mondadori, 2019).

Ispirato al vero ritrovamento delle spoglie mortali di King Richard III avvenuto nel 2012 a Leicester sotto un parcheggio, The Lost King è un dramedy d’indagine nutrito dallo squisito senso dell’umorismo di Frears che, su sceneggiatura dell’amico e sodale Steve Coogan che anche recita nel film, mette al centro la caparbietà di Philippa Langley, una semplice impiegata di Edimburgo, nelle sue personalissime indagini sulla reale identità di questo sovrano che il genio di Shakespeare aveva scolpito nella letteratura e nella Storia come un vile usurpatore e un sanguinario assassinio nell’omonima tragedia nel 1592. La Langley, che ha collaborato alla sceneggiatura e “ha gradito molto il film dicendomi, ‘è andata proprio così’”, è stata la reale responsabile del prezioso ritrovamento ma – come ben illustra il lungometraggio – ha dovuto combattere affinché le fosse legittimato tale merito, inizialmente preso dalle istituzioni dell’università di Leicester. Ciò che le premeva non era ritrovare le spoglie di Riccardo III fine a se stesse, ma dar loro degna sepoltura dopo aver dimostrato che il sovrano della casa di York non solo era legittimo, ma giammai fece assassinare i due principini nella Torre di Londra.

In effetti Richard III fu riabilitato da Elisabetta II stessa (un altro “magico” legame tra i due..) e gli fu restituito lo stemma regale all’atto di un funerale finalmente degno del suo rango. Per quanto non scritto da Frears, il film è profondamente connesso allo sguardo del regista di Leicester (che si è ritrovato a “casa” a girare anche solo per un giorno dopo 50 anni), libero dai cliché, intelligentemente innervato in quell’arguzia in cui eccelle, e che Coogan gli ha degnamente servito in fase di scrittura. A rivestire i panni di Langley è una splendida Sally Hawkins in una perfomance minimal eppure radicale, sintomo di una femminilità fragile ma capace di tradurre ogni debolezza in determinazione e resistenza. La“disabilità” mentale della protagonista diviene qui specchio della gobba dell’antico sovrano, imbruttito dall’iconografia corrente dai “perfidi Tudor” che naturalmente sposavano l’ideologia medievale per cui la bruttezza morale corrispondeva a quella fisica. The Lost King, che in qualche modo può associarsi al quest movie Philomena, uscirà prossimamente nelle sale, e non è certamente il miglior film di Stephen Frears, ma resta comunque un lavoro solido, piacevole, appetibile a più pubblici che non sentiranno denigrata la propria intelligenza.

Ritratto di Regina, la cui data di uscita nelle sale è invece certa e fissata dal 21 al 23 novembre, ha il pregio di distanziarsi da ogni cliché che grava sulla documentaristica legata a Elisabetta II per abbracciare – miracolosamente – il valore intimo, profondo e dirompente delle immagini espresse dai ritratti fotografici che l’hanno inquadrata dalla tenera età fino a poco prima della recente morte, secondo il racconto fatto da Paola Calvetti nel suo prezioso volume foto-biografico. La forza di questo documento immaginifico è nella capacità di Ferri di attirare alla sua attenzione diversi tra i fotografi che, nel corso della carriera, si sono trovati a ritrarre Sua Maestà e di estrarre da loro parole che mai – in quanto “fotografi” quindi dialogatori per immagini – avrebbero potuto pronunciare. “La presenza enigmatica, straordinaria e unica nel suo genere di Elisabetta II li ha sgomentati uno per uno, distillandone sentimenti, emozioni, paure altrimenti inesprlorate” ha spiegato il grande fotografo romano. “La cosa eccezionale è che il rapporto instaurato da ciascuno di loro con la sovrana non è mai stato mediato, ma necessariamente diretto, e tutti – nessuno escluso – sono usciti innamorati di Elisabetta II”. Per mantenere il mistero intatto di una donna che giammai si conosce se non attraverso il suo ineguagliabile immaginario collettivo, Ferri ha adottato il libro come fonte, la musica come sostanza di accompagnamento, e la sua tipica luce che – squarciandosi da un buio che sa di eterno – ha trasformato in sostanza immaginaria in un tracciato di secolare Storia e di leggendaria Memoria.